Abstract
Le fratture da fragilità (FF) sono comuni nei pazienti con malattia renale cronica (MRC), si verificano più precocemente e con una maggior frequenza rispetto alla popolazione generale, comportando elevata morbilità, mortalità e costi. Dopo quasi mezzo secolo di dialisi, ancora oggi non sono completamente chiare le cause che rendono tali pazienti ad alto rischio di FF. Oltre al disordine sistemico del metabolismo minerale (CKD-MBD: Chronic Kidney Disease-related to Mineral Bone Disorders) sembra avere un ruolo anche lo stato di tossicità uremica (osteoporosi uremica) che va ad alterare soprattutto la bone quality. La mancanza di consistenti studi prospettici ci limita la definizione dei fattori di rischio associati all’evento fratturativo; inoltre gli algoritmi oggi disponibili volti a predire la probabilità di frattura esistenti (FRAX e DeFRA) non considerano la MRC. La diagnosi di frattura vertebrale (FV), sottodiagnosticata anche nella popolazione generale, deve essere fatta con la valutazione morfometrica quantitativa mediante DEXA o con una radiografia del rachide Dorso-Lombare (D5-L4) in L-L, con l’utilizzo di un software dedicato. La bassa BMD è riconosciuta dalle recenti KDIGO come fattore di rischio di frattura negli stadi G3a-G5D. Di recente anche il Trabecular Bone Score (TBS), permettendo anche una valutazione della bone quality, risulta predittivo del rischio fratturativo. La Tomografia Computerizzata Quantitativa, in particolare quella ad alta risoluzione a livello radiale (High Resolution-peripheral QCT), ha mostrato un’associazione tra il rischio fratturativo ed il danno a livello corticale. Tra i biomarkers il PTH presenta dati contrastanti, mentre alti livelli di ALP sono associati a più alto rischio fratturativo.
PAROLE CHIAVE: Fratture da fragilità, Malattia renale cronica, Dialisi, Osteoporosi.