Medicina, nefrologia e social networks

1) Diabete insipido da resistenza tubulare all’ormone antidiuretico: può il fluconazolo rappresentare un utile ausilio terapeutico?

V. Montinaro

La regolazione del riassorbimento di acqua a livello del dotto collettore (DC) avviene per azione specifica dell’ormone antidiuretico-vasopressina (AVP), prodotto dalla neuroipofisi, che si lega a un recettore specifico presente sulle cellule principali del DC (VR2).  

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Medicina e Nefrologia dai social networks

1) Iperplasia angiolinfoide con eosinofilia e glomerulonefrite membranosa: il ruolo del VEGF-A

  1. Giliberti

La glomerulonefrite membranosa (GNM), oltre che come forma primitiva, può manifestarsi come forma secondaria a varie condizioni morbose (neoplasie, infezioni, malattie autoimmunitarie).  

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) Bolo-terapia corticosteroidea endovenosa vs terapia corticosteroidea orale in pazienti affetti da IgAN e malattia renale cronica avanzata: i risultati di uno studio multicentrico giapponese.

P.Gallo 

I corticosteroidi sono largamente utilizzati, sin dagli anni ’80, allo scopo di ridurre i valori di proteinuria nei pazienti affetti da Glomerulonefrite a depositi di IgA (IgAN). La gran parte dei trial clinici randomizzati e studi retrospettivi volti a valutare l’efficacia dei corticosteroidi nella IgAN includevano pazienti con eGFR > 50 ml/min, per cui è ancora oggi controverso il ruolo dei corticosteroidi nei pazienti con IgAN e ridotta funzionalità renale.

 

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) Ruolo della proteina correlata al fattore H-5 (FHR-5) nello sviluppo e nella progressione della Nefropatia IgA

E. Cataldo

La Nefropatia a depositi di IgA (IgAN) è una delle malattie glomerulari primitive più diffuse al mondo e rappresenta una causa frequente di end stage renal disease (ESRD). L’eziologia non è ancora del tutto definita. Secondo il modello patogenetico più accreditato (multi-hit), il danno glomerulare sarebbe secondario alla deposizione di immunocomplessi, costituiti da IgG specifiche contro IgA anomale de-galattosidate (Gd-IgA). La presenza di depositi mesangiali di C3 nel 90% delle biopsie e la eventuale riduzione dei suoi livelli in circolo è, inoltre, altamente suggestiva di un’attivazione della via della lectina e/o della via alternativa del complemento.

 

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) La sopravvivenza a lungo termine dei pazienti settici dopo episodi di AKI è fortemente influenzata dal recupero funzionale renale alla dimissione

M. Fiorentino

Diversi studi hanno evidenziato che gli episodi di Acute Kidney Injury (AKI) in pazienti con sepsi si associano ad una aumentata morbilità e mortalità a lungo termine; questa associazione è presente anche in caso di remissione completa dell’AKI.

 

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MEDICINA E NEFROLOGIA DAI SOCIAL NETWORKS

1) I 100 lavori di interesse nefrologico più citati di sempre: un’analisi bibliometrica dei topics che hanno contribuito allo sviluppo della pratica clinica della nefrologia

V. Montinaro, M. Giliberti, C. Villani, A. Montinaro

Valutare i filoni di ricerca e i topics che hanno maggior impatto sullo sviluppo di una disciplina, non è un compito facile. Ci sono vari possibili approcci. Per cercare di delineare quali argomenti di ricerca e pratica clinica possano aver contribuito allo sviluppo della nostra disciplina, che acquisì autonomia all’incirca alla fine degli anni ’50, ad opera soprattutto del grande nefrologo parigino Jean Hamburger, abbiamo condotto uno studio bibliometrico mirato alla ricerca dei 100 lavori di interesse nefrologico più citati di sempre. Per fare questo, abbiamo identificato 50 parole chiave o combinazioni di parole chiave che, per mezzo del motore di ricerca Google Scholar, restituivano almeno 100.000 items. Tali parole chiave comprendono termini generali come “kidney”, “renal”, “dialysis”, “uremia”, “glomerulonephritis”, tanto per fare solo alcuni esempi. Il secondo passaggio è stato quello di interrogare Google Scholar con ognuno di questi termini e, dopo un’analisi preliminare, estrarre tutti i lavori che avessero ricevuto almeno 1000 citazioni. Abbiamo scelto Google Scholar perché, rispetto ad altri motori di ricerca scientifica come Thomson Reuters o Scopus, il primo è in grado di intercettare un maggior numero di fonti “citanti” come anche Proceedings di Congressi o libri. I 100 lavori più citati sono stati raggruppati in 9 subcategorie (“Valutazione della funzione renale”, “Trial randomizzati/farmacologia”, “Dialisi/trapianto”, “Studi epidemiologici”, “Fisiopatologia”, “Acute Kidney Injury”, “Struttura e funzione del rene”, “CKD/patologia”, “Comorbidità delle malattie renali”), in ognuna erano compresi tra 6 e 16 lavori. Il numero totale di citazioni per i 100 lavori era maggiore di 285.000; la subcategoria con più lavori rappresentati è stata “Valutazione della funzione renale” con 16 lavori e un totale di quasi 68.000 citazioni. Tra questi spiccano il lavoro di Cocroft e Gault sulla omonima formula di calcolo della clearance della creatinina, che risulta essere il più citato in assoluto con 14.499 citazioni. Inoltre, al secondo e al 4° posto si collocano i lavori che descrivono rispettivamente la formula dell’MDRD e del CKD-EPI con AS Levey come primo Autore: questi lavori hanno ottenuto rispettivamente 13.186 e 8699 citazioni. Emerge quindi chiaramente che uno dei problemi più cogenti della pratica nefrologica negli ultimi decenni sia stato proprio la modalità con cui noi stimiamo la funzionalità renale. Fra i 100 lavori, infatti, vi sono altri articoli che affrontano questo problema. Fra i primi 10 troviamo poi un lavoro di AS Go e coll. sul rischio di morte legato alla CKD, al terzo posto con 8807 citazioni. Al 5° posto un lavoro “storico”, perché pubblicato nel 1966, di Graham e Karnovsky sui meccanismi di riassorbimento tubulare di molecole a basso peso molecolare filtrate dal glomerulo (7414 citazioni); al 6°, 7° e 8° posto tre lavori su trial clinici di impiego di antagonisti del sistema renina-angiotensina nella nefropatia diabetica, con Brenner (6°) e Ed Lewis (7° ed 8°) come primi Autori. Infine al 9° e 10° posto i lavori rispettivamente di Bellomo e di Metha e coll. (AKI network) sulla definizione e management della insufficienza renale acuta, AKI. 

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) L’implementazione di sistemi di alert per la diagnosi di AKI riduce l’impatto della malattia e i costi sanitari associati

Marco Fiorentino

Acute Kidney Injury (AKI) rappresenta una comune complicanza nei pazienti in terapia intensiva ed è associato ad un aumento della mortalità, complicanze a lungo termine (CKD) ed elevati costi sanitari. Spesso, il riconoscimento dell’AKI avviene tardivamente, rendendo quindi impossibile un tempestivo e corretto management dei pazienti. Nell’era dei “big data”, l’implementazione di sistemi di alert (Clinical Decision Support System, CDSS) che esplorano le cartelle cliniche elettroniche per la definizione automatica dell’AKI sviluppata in ospedale, potrebbe rappresentare uno strumento importante a disposizione dei medici. 

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) Whole Exome Sequencing, strumento di indagine genetica che potrà rivelarsi utile per la diagnostica di precisione e il management personalizzato dei pazienti nefropatici cronici

Adele Mitrotti

 Nell’era della medicina di precisione, il Whole Exome Sequencing (WES) rappresenta una recente ed utile metodica genomica per la diagnosi di malattie a carattere ereditario. 

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Nefrologia e Social Networks

1) #Socialmedia #Medicine

 

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Medicina e Nefrologia dai Social Networks

1) Nefropatia IgA: trattare o non trattare con steroidi?

V. Montinaro

Uno dei punti da sempre dibattuti nella pratica clinica nefrologica è stato se trattare o non trattare i pazienti con nefropatia a depositi mesangiali di IgA (IgAN) con steroidi e/o farmaci immunosoppressori. Negli ultimi 30 anni si sono succedute alcune posizioni altalenanti su questo argomento. Negli anni ’80 e ’90, a parte alcune osservazioni aneddotiche, si tendeva a non trattare tale nefropatia con steroidi, nelle forme più tipiche, preferendo un approccio più conservativo con soli ACE inibitori e/o sartani. A partire dai primi anni 2000, dopo la pubblicazione di uno studio randomizzato controllato con C. Pozzi come primo autore, era stata presentata evidenza che un ciclo di steroidi di 6 mesi (con boli a mesi alterni e dosaggi ridotti a seguire per os) era in grado di rallentare l’evoluzione della IgAN verso l’ESRD; dati confermati poi da uno studio successivo di Manno e coll. che impiegava steroidi per os. Quindi gli ultimi 15 anni sono stati dominati dal convincimento dei clinici che un ciclo di terapia steroidea, nelle forme che presentano caratteri clinici o istologici di progressione, sia auspicabile nei pazienti con IgAN.
 

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