Lo stato dell’arte

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In un mondo in costante e rapido mutamento, in cui gli scenari dell’assistenza medica sono spesso segnati da improvvisi capovolgimenti, noi nefrologi ci siamo ritrovati negli ultimi anni ad affrontare sfide straordinarie nel fornire cure a pazienti che dipendono da noi in circostanze di vulnerabilità. Nuove terapie e nuovi standard di riferimento emergono quindi in un contesto caratterizzato da progressiva contrazione del rapporto nefrologo/popolazione di riferimento.

Nonostante le difficoltà del contesto attuale, il Giornale Italiano di Nefrologia persiste in un incoraggiante trend positivo, raggiungendo step by step nuovi traguardi, al fine di adempiere sempre meglio ai propri obiettivi di comunicazione intra- e interdisciplinare.

Un indice significativo di questo andamento è il numero di visitatori annuali del sito web del GIN, aumentato di circa il 10% rispetto all’anno precedente (dati ottenuti da Google Analytics confrontando i periodi ottobre 2021/ottobre 2022 e ottobre 2022/ottobre 2023).

Figura 1. Numero totale dei visitatori annuali del sito web del GIN negli ultimi cinque anni (fonte dati Google Analytics).
Figura 1. Numero totale dei visitatori annuali del sito web del GIN negli ultimi cinque anni (fonte dati Google Analytics).

Anche quest’anno, un’analisi dei dati relativi al sito web conferma un interessante trend internazionale dell’audience del giornale, con sede ‒ per ovvie ragioni ‒ concentrata in Italia, ma con un’apprezzabile diffusione transnazionale. È stimolante osservare come il GIN abbia lettori in quasi ogni angolo del globo con la sola eccezione della Groenlandia, come risulta dalla mappa della loro distribuzione.

Figura 2. Mappa della provenienza geografica delle visite del sito web del GIN dal 1° gennaio 2023 ad oggi. Fonte dati e immagine Google Analytics.
Figura 2. Mappa della provenienza geografica delle visite del sito web del GIN dal 1° gennaio 2023 ad oggi. Fonte dati e immagine Google Analytics.

Questo risultato è stato raggiunto incoraggiando la presenza di articoli in inglese in ogni numero in uscita, così da aumentare la fruibilità dei contributi proposti e aprire le porte a “paper” opera anche di team di ricerca internazionali, provenienti da diverse parti del mondo.

Per favorire una maggiore diffusione delle pubblicazioni, ogni articolo viene promosso sulla pagina Facebook, che conta quasi 3000 follower, raggiungendo picchi di oltre 1700 lettori.

Figura 3. Screenshot di un post pubblicato a novembre 2022 comprendente, come di consueto, un’immagine e un collegamento alla pagina web del giornale.
Figura 3. Screenshot di un post pubblicato a novembre 2022 comprendente, come di consueto, un’immagine e un collegamento alla pagina web del giornale.

Il GIN si pone come obiettivo quello di mantenere aggiornata e qualificata la nefrologia italiana, avendo per questo come riferimento la qualità e l’originalità dei contributi. Il processo di pubblicazione infatti consta di diversi passaggi standardizzati, i cui principali sono la revisione a doppio cieco, in cui né gli autori né i revisori conoscono le identità reciproche, e il controllo antiplagio effettuato dal software Compilatio (https://www.compilatio.net/); Compilatio sta inoltre sviluppando un tool, di cui al momento offre una prima versione di prova, per determinare se un testo è stato scritto o meno da un’intelligenza artificiale. Queste garanzie fermamente volute dal gruppo editoriale di oggi, hanno rappresentato e rappresentano un importantissimo snodo nella qualificazione della nostra rivista.

Dal 2002 tutti gli articoli del GIN vengono indicizzati e compaiono su PubMed (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/) (quelli in inglese con anche un link di rimando al full-text), ma da quest’anno tramite la collaborazione editoriale con Elsevier è stata ottenuta anche l’indicizzazione su Scopus ed Embase. L’archiviazione a lungo termine è inoltre garantita tramite Portico (http://www.portico.com).

Figura 4. Loghi di PubMed, Elsevier e Portico, con cui il GIN collabora per indicizzare e conservare le sue pubblicazioni.
Figura 4. Loghi di PubMed, Elsevier e Portico, con cui il GIN collabora per indicizzare e conservare le sue pubblicazioni.

Il nostro impegno nel migliorare e crescere non si ferma qui: il prossimo obiettivo è ottenere un impact factor, un importante indicatore di riconoscimento nella comunità scientifica. A tale scopo, sottoporremo il giornale alla valutazione del Web of Science, al fine di farlo includere, in caso di valutazione positiva, nello Science Citation Index. Questo passo rappresenta un ulteriore impegno verso una ulteriore qualificazione della rivista scientifica ed un sostanziale consolidamento del ruolo del GIN nella nefrologia attraverso nel tempo l’acquisizione di un proprio Impact Factor.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il prezioso supporto del past-Editor Biagio Di Iorio, dei Co-Editor (Antonio De Pascalis, Roberta Fenoglio e Olga Baraldi), degli Associate-Editor (Giuseppe Quintaliani, Rodolfo Rivera, Giusto Viglino), e del comitato editoriale, che spesso ho rinnovato inserendo nuove figure e nuovi protagonisti della nefrologia.

Ma ancor di più non sarebbe stato possibile senza voi lettori, che ovviamente siete oggi, e spero sempre più in prospettiva, gli autori che in questi anni hanno arricchito il Giornale Italiano di Nefrologia con i vostri contributi, con la vostra cultura, originalità e pazienza, e che oggi colgo l’occasione per ringraziare e spronare verso nuovi traguardi.

 

Gaetano La Manna

 

Onconefrologia: una sfida

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L’onconefrologia è una sotto-specializzazione emergente indirizzata allo studio delle innumerevoli interrelazioni tra cancro e malattie renali, che spaziano dagli effetti dell’impiego del mezzo di contrasto, alla complessa gestione delle terapie oncologiche nel paziente con malattia renale cronica o in trattamento dialitico, allo screening del portatore e del candidato al trapianto di rene.

Da tempo la patologia neoplastica è stata ricondotta ad una malattia cronica. La sopravvivenza dei pazienti negli ultimi anni è migliorata in maniera significativa grazie ad innovative strategie terapeutiche ed al coinvolgimento di operatori di diversa formazione in modelli di presa in carico multi-specialistica. Ai nefrologi viene sempre più spesso richiesto di entrare a far parte di questi gruppi perché le interazioni rene-tumore sono strette e bidirezionali. Molte malattie glomerulari sono associate a neoplasie solide ed ematologiche e possono rappresentarne il sintomo di presentazione. Inoltre i pazienti oncologici presentano spesso una malattia renale cronica al momento della diagnosi di neoplasia. Nella popolazione di soggetti con malattia oncologica infatti la prevalenza della malattia renale cronica, definita come eGFR <60 mL/min, varia dal 12% al 25%. L’affidabilità di questa misura come indicatore-limite di contrazione funzionale (ed aumentato rischio di mortalità), ancorché definitivamente acquisito dalle linee guida internazionali, prescinde dalla fisiologica caduta della velocità di filtrazione glomerulare con l’invecchiamento e dovrebbe essere largamente emendato. Una valutazione imperfetta della funzione renale favorisce la somministrazione di una dose subottimale di farmaco o preclude al paziente l’accesso a opzioni terapeutiche potenzialmente più efficaci o a sperimentazioni innovative.

Le principali complicanze renali includono il danno tubulare acuto, la microangiopatia trombotica e le nefriti tubulo-interstiziali. Queste complicanze possono condizionare la sospensione della terapia, la prescrizione di dosi inadeguate di chemioterapico e l’impiego di farmaci di seconda scelta, in ultima analisi la crescita del tumore e lo sviluppo di metastasi. All’opposto il prolungamento dell’emivita del farmaco oncologico per effetto della compromissione della funzione renale può condizionare una tossicità sistemica.  L’outcome dei pazienti oncologici che sviluppano danno renale acuto è tendenzialmente negativo soprattutto se è richiesto un trattamento dialitico.

L’armamentario terapeutico per i pazienti oncologici si è recentemente arricchito di nuovi agenti che interferiscono con specifiche proteine e con recettori coinvolti nell’oncogenesi. Si tratta delle cosiddette terapie target, che hanno determinato un significativo aumento della sopravvivenza di molte categorie di pazienti oncologici.

Le cellule tumorali sfuggono alla sorveglianza immunitaria attraverso l’attivazione di checkpoint che sopprimono le risposte immunitarie antitumorali. L’introduzione di terapie innovative, derivanti dalla rivisitazione del cancro come malattia del sistema immunitario, ha cambiato lo scenario delle potenziali opzioni terapeutiche, ma anche quello delle complicanze. Le terapie mirate e gli inibitori dei checkpoint immunitari, assicurano infatti vantaggi sostanziali, nonostante alcuni effetti collaterali che colpiscono vari organi, ad includere il rene.  Bloccando i checkpoint, i nuovi agenti antitumorali potenzialmente inducono malattie immuno-mediate. I nefroimmunologi dovrebbero saper fronteggiare le sequele nefrotossiche della terapia antitumorale e garantire la prosecuzione dei trattamenti salvavita. Il valore aggiunto delle competenze nefrologiche nell’identificazione dei meccanismi alla base delle anomalie orinarie e della contrazione funzionale in corso di terapia oncologica anche con un ampio impiego della biopsia renale appare oggi irrinunciabile.

Ad oggi le valutazioni istologiche del danno renale indotto dalle terapie target e l’immunoterapia sono molto limitate. Le linee guida sulla gestione del paziente con danno renale e malattia oncologica, essenzialmente formulate dagli oncologi, sono infatti condizionate da un approccio sostanzialmente astensionista rispetto ad approfondimenti diagnostici, come la biopsia renale, considerati impegnativi. Questa impostazione richiede forse emendamenti sostanziali.

Le raccomandazioni per la biopsia renale nei pazienti affetti da cancro rimangono infatti molto ristrette. La biopsia renale viene raccomandata nei pazienti che presentano una proteinuria di nuova insorgenza (≥1 g al giorno) o un peggioramento della funzionalità renale di genesi non altrimenti spiegabile.

Occorre sfatare il mito secondo il quale la biopsia renale debba essere limitata a contesti clinici così limitati. Gli eventi renali avversi determinano spesso l’interruzione della terapia, influenzando l’outcome del paziente. Non esistono linee guida evidence-based per la gestione degli eventi avversi renali nei pazienti sottoposti a target therapies. Le linee guida americane raccomandano la sospensione temporanea del bevacizumab nei pazienti con proteinuria >2 g/die e la sospensione permanente per la sindrome nefrosica indipendentemente dalla causa. Le linee guida della FDA sono ancora più confondenti rispetto alla sospensione dei TKI: proteinuria ≥ 3 g/die per pazopanib, ≥ 2 g/die per lenvatinib e proteinuria indefinita per axitinib. E non esistono linee guida per altri agenti come sorafenib, sunitinib, vandetanib e cabozantinib. Per quanto riguarda gli ICI, le linee guida della Society for Immunotherapy e dell’American Society of Oncologists menzionano la “nefrite sintomatica” e fanno riferimento ad una funzionalità renale stimata sulla creatinina sierica. L’intervento del nefrologo è previsto solo dopo la sospensione della terapia. In presenza di proteinuria in range nefrosico è indicata la sospensione definitiva, indipendentemente dalla causa.

Appare evidente che l’intervento nel nefrologo nel reindirizzare l’approccio diagnostico sia mandatorio. Sulla guida del dato istologico l’interruzione del trattamento può essere limitata ad un numero assai ridotto di pazienti, essenzialmente quelli con quadro di microangiopatia trombotica da farmaci anti-VEGF. L’interruzione del trattamento non è invece quasi mai necessaria in corso di immunoterapia. Nei pazienti trattati con farmaci in combinazione, i risultati istologici permettono l’identificazione della lesione renale agente-specifica consentendo aggiustamenti parziali del protocollo terapeutico in corso.

Un altro aspetto fondamentale dell’onconefrologia è rappresentato dalla gestione dei pazienti con trapianto di rene. La ridotta sorveglianza immunitaria e la minor difesa verso i virus oncogeni sono i principali meccanismi attraverso i quali l’immunosoppressione costituisce un fattore di rischio determinante per lo sviluppo di cancro dopo trapianto. Un’ulteriore complicazione nella gestione di questi pazienti è rappresentata dall’aggiustamento della dose. I modelli di calcolo dell’eGFR secondo Cockcroft-Gault, CKD-EPI, MDRD è validato sul rene nativo, non su quello trapiantato.  Il sovra- o il sottodosaggio farmacologico sono pertanto comuni in questi pazienti.

Chemioterapia classica o terapia a bersaglio molecolare e radioterapia sono gli approcci terapeutici più comuni anche nei pazienti con trapianto di rene.

In questo numero del Giornale italiano di Nefrologia dedicato all’Onconefrologia sono riportati i più significativi contributi del Convegno​ “Onconephrology: the new challenge for nephrologists and oncologists”, organizzato a Torino nel maggio di quest’anno. Vi sono stati affrontati i temi chiave di questa impegnativa interfaccia clinica, che in Italia, come descritto da Cosmai, conta almeno dieci anni di storia.

Roccatello ha sottolineato i numerosi punti di intersezione tra malattia oncologica e rene e il ruolo fondamentale della biopsia renale nella gestione degli effetti avversi del trattamento e nell’identificazione dei rapporti tra malattia renale (soprattutto glomerulare) e tumori solidi ed ematologici.

Comandone ha ripercorso l’evoluzione della farmacologia in campo oncologico e ha rimarcato i temi cruciali ancora in discussione: la necessità di valutare i risultati come Progression-Free Survival piuttosto che in termini di “sopravvivenza grezza”, la reticenza dell’industria a programmare studi comparativi con molecole analoghe, i costi dei farmaci e la “tossicità finanziaria”.

È stata discussa la gestione dei trattamenti chemioterapici nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Fenoglio e Cosmai hanno affrontato le problematiche relative ai farmaci oncologi nei pazienti affetti da insufficienza renale avanzata e/o in trattamento dialitico. Brunori ha approfondito gli aspetti etici relativi all’avvio o all’interruzione del trattamento dialitico nel paziente oncologico.

Pozzato ha analizzato le problematiche anche tecniche del trattamento sostitutivo nel paziente con cancro e insufficienza renale acuta.

Un ampio spazio è stato dedicato alle complicanze da target therapies e immunoterapia.

Collino ha illustrato benefici e limiti delle terapie con inibitori delle tyrosin-chinasi (TKI) esplorando i meccanismi molecolari alla base dell’intricata relazione tra TKI e tossicità renale.

È stato lo spunto per riportare l’esperienza dell’Ospedale Hub San Giovanni Bosco di Torino dalla quale è emerso il ruolo fondamentale della biopsia renale nel guidare la gestione delle complicanze renali evitando la sospensione inutile di terapie salvavita o, all’opposto, la prescrizione immotivata di steroidi che, ancorché supportata dalle linee guida, si rivela futile alla luce dei dati istologici.

Se inizialmente le complicanze di queste “nuove terapie” erano ritenute di pertinenza prioritariamente glomerulare, stanno ora emergendo effetti collaterali secondari prevalentemente tubulari.

Trepiccione ha analizzato le alterazioni elettrolitiche più rappresentative, sottolineando l’importanza di una diagnostica differenziale tra le forme secondarie a tumore e le forme iatrogene, l’effetto peggiorativo dei disturbi elettrolitici sulla prognosi del paziente oncologico e il potenziale ritardo nell’avvio di terapie specifiche o la loro interruzione.

La gestione del tumore renale è stata oggetto di un particolare approfondimento.

Floris ha sottolineato l’importanza di una gestione multidisciplinare del paziente nefrectomizzato.

Porta ha ripercorso le novità relative al trattamento del carcinoma a cellule renali, drasticamente modificato negli ultimi anni. In particolare ha illustrato le più recenti innovazioni scientifiche di questo settore.

Nell’ambito delle interazioni rene e tumore è stato affrontato anche il capitolo relativo alla stretta relazione tra trapianto e cancro.

Pani ha analizzato le problematiche relative all’immissione in lista di attesa per trapianto del paziente con pregressa neoplasia sottolineando alcuni aspetti che rimangono ancora controversi quale il tempo di attesa ideale che deve intercorrere tra guarigione della malattia oncologica e trapianto.

Biancone ha affrontato il tema delle strategie preventive e di monitoraggio intese a contenere la propensione al tumore dei pazienti trapiantati. Ha in particolare sottolineato il ruolo cruciale dello screening pre-trapianto e l’importanza di un follow-up post-trapianto personalizzato.

Amoroso, infine, ha evidenziato i potenziali rischi di trasmissione di neoplasie da donatore a ricevente nel campo del trapianto d’organo ed ha sottolineato come le linee guida, il servizio di Second Opinion Oncologica e il Registro degli eventi avversi abbiano limitato il rischio di trasmissione.

Negli ultimi anni è aumentato l’interesse anche nei confronti delle relazioni tra malattie renali ed ematologiche.

Leung ha illustrato in dettaglio l’avanzamento delle conoscenze sull’amiloidosi AL.

Un’attenzione particolare è stata anche rivolta al riconoscimento di nuove entità patologiche ad includere le gammopatie monoclonali di significato renale.

Angioi e Lepori hanno illustrato l’eterogeneità di questo gruppo di malattie caratterizzate dalla produzione di proteine ​​monoclonali aberranti che interagiscono con le strutture renali, causando danni ai tessuti.

Di nuovo, è stato sottolineato il ruolo indispensabile della biopsia renale integrata dalle tecniche di microdissezione laser e di spettrometria di massa.

De Simone ha analizzato le metodiche attualmente disponibili per la rimozione delle catene leggere in corso di trattamento sostitutivo concludendo che se da un lato sono disponibili dati definitivi sulla necessità di impiegare trattamenti specifici per la rimozione extra-corporea delle catene leggere nei pazienti con cast-nephropathy, dall’altro la possibilità di impiegare metodiche semplici e a basso costo in pazienti comunque destinati al trattamento emodialitico rappresenta una scelta logica e supportata da un razionale fisiopatologico.

L’alluvione in Romagna: l’impatto sulle attività nefrologiche, i provvedimenti organizzativi e la lezione da imparare

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Nei giorni che vanno dal 15 al 19 maggio 2023 una regione ricca e produttiva come la Romagna è stata duramente colpita da un’alluvione di vastissime proporzioni. In quasi cinque giorni di pioggia continua ed abbondante, fiumi e canali sono cresciuti rapidamente, hanno superato o rotto gli argini riversando acqua e fango nei campi, nelle città, nei paesi, invadendo abitazioni, aree produttive ed edifici pubblici, ma anche sommergendo strade e ferrovie rendendo così le comunicazioni difficili se non impossibili. Molte famiglie sono state sorprese nella notte dalla marea montante dell’acqua; altre, avvisate, sono riuscite a salire ai piani superiori o a sfollare da qualche parente. Mentre in pianura l’evoluzione della situazione dipendente dall’ondata di piena che scendeva dai monti e non trovava sfogo modificava continuamente le vie di comunicazione utilizzabili e i relativi provvedimenti presi dalle autorità, in collina e montagna questa grande quantità d’acqua ha portato a numerose frane e smottamenti minacciando edifici ed attività e lasciando isolate molte comunità montane.

Oltre 36.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie case nei primi giorni dell’alluvione, poi sono progressivamente rientrate con il passare della perturbazione. Al momento attuale (10 giorni dopo), ancora migliaia di persone non vivono nelle proprie case, non hanno accesso ad acqua corrente ed elettricità, hanno perduto beni e molti ricordi delle loro vite. Numerose le attività interrotte, danneggiate, non solo in campagna ma anche nelle città, nei paesi, nelle zone industriali ed artigianali. Tre delle quattro grandi città della Romagna, Ravenna, Forlì e Cesena, lamentano danni estesi, ma un conto altrettanto salato l’hanno pagato città più piccole come Faenza, Lugo o Bagnacavallo, per non parlare di alcuni piccoli paesi più vicini ai fiumi.

È stato definito “un evento epocale”, 350 milioni di metri cubi d’acqua caduti su 800 km2 di territorio, 100 comuni coinvolti, 23 fiumi e corsi d’acqua esondati, altri 13 che hanno visto superamenti del livello d’allarme, 756 frane principali e migliaia di microfrane, 772 strade chiuse, fino a 8.000 (il 19 maggio) persone accolte nei centri di accoglienza organizzati dai comuni che erano ancora più di 1.000 a 10 giorni di distanza; questi i numeri che testimoniano l’estensione del territorio colpito e delle persone coinvolte, incluse le 15 vittime, quasi tutte anziani che hanno avuto grandi difficoltà nel fronteggiare l’emergenza.

La Romagna non è nuova a questo genere di eventi che hanno poi portato ad opere importanti: le cronache riportano che nel maggio del 1635 piovve per sei giorni consecutivi e Ravenna fu inondata dai fiumi Ronco e Montone (che scendono dalla montagna forlivese); seguirono altre inondazioni nel 1651, 1693, 1700 e 1715 e lo Stato Pontificio decise di deviare il corso di questi fiumi creando una foce artificiale fra gli attuali Lido di Adriano e Lido di Dante a sud di Ravenna. Nel 1807 venne costruito il Cavo Napoleonico con funzione di scolmatore del fiume Reno nel Po e successivamente il canale Emiliano Romagnolo, lungo 135 km, il cui primo progetto risale al 1620, ma che fu poi realizzato nel dopoguerra. Quest’ultimo ha avuto un ruolo decisivo nell’impedire un’ulteriore estensione delle zone allagate.

Figura 1: foto satellitare della Romagna il 18 maggio 2023. Fonte: Copernicus.

Tra gli edifici coinvolti dall’alluvione, gli ospedali non sono stati risparmiati. Il Pronto Soccorso di Lugo, come quello di Riccione, sono stati parzialmente invasi dall’acqua, altre strutture sanitarie come il Centro di Cardiochirurgia di Villa Maria Cecilia a Cotignola ha dovuto essere evacuato con redistribuzione dei pazienti nelle terapie intensive più vicine, ma anche numerose case di comunità, poliambulatori, RSA, sono stati colpiti o lambiti, inagibili o isolati per giorni.

L’Azienda USL della Romagna, che copre tutto il territorio colpito e i suoi 1.280.000 abitanti, ha adottato diversi provvedimenti in maniera tempestiva bloccando nei giorni più critici visite e diagnostiche ambulatoriali, interventi chirurgici e ricoveri non urgenti. I letti così disponibili sono stati utilizzati per i pazienti in dimissione che non potevano raggiungere il domicilio, mentre aree degli ospedali abitualmente destinate ad altra funzione sono state attrezzate per accogliere pazienti che dovevano essere sottoposti a cicli terapeutici ma non avevano poi modo di raggiungere le abitazioni; anche nelle zone vicine agli Ospedali o altri punti di cura, sale di ogni tipo e palestre sono diventate strutture d’accoglienza per pazienti, anziani e chiunque, impossibilitato a raggiungere il domicilio, avesse bisogno di trovare un punto d’appoggio; dove presenti, anche alcuni alberghi sono stati utilizzati.

La risposta delle strutture sanitarie, coordinate da Prefettura e Protezione Civile, è stata molto efficiente e tempestiva grazie anche a chi ha lavorato ininterrottamente per i tre giorni più difficili. Il momento più drammatico è stato comunque il mattino di mercoledì 17 perché, a mano a mano che arrivavano le notizie dell’estensione delle inondazioni, ci si rendeva conto delle proporzioni, si cercava di fare una lista delle priorità in un contesto in cui tutto era urgente ma la situazione in continua evoluzione richiedeva continui adattamenti e cambi di programma.

A partire dal pomeriggio di venerdì 19 maggio le principali vie di comunicazione erano state ripristinate e chi poteva, gradatamente, ha cominciato a raggiungere le proprie abitazioni anche se i disagi logistici erano ancora enormi.

Per quanto concerne il nostro specifico ambito Nefrologico, fin da subito ci siamo resi conto che il problema più drammatico era quello dei trasporti dei dializzati, e l’impegno maggiore è stato innanzitutto portare i pazienti ai Centri Dialisi; in provincia di Ravenna i Centri Dialisi sono 5: l’hub all’Ospedale di Ravenna, il CAD della Domus Nova di Ravenna, il CAD all’Ospedale di Lugo, il CAD della Clinica San Pier Damiano di Faenza e il Cal di Cervia. In provincia di Forlì-Cesena i due hub sono negli ospedali principali (Forlì e Cesena) e i CAL sono a Santa Sofia, Mercato Saraceno, Savignano e Cesenatico. Ogni Centro, grande e piccolo, ha provveduto a contattare i suoi pazienti segnalando alle autorità i trasporti più difficili (a Modigliana, nella zona montana del Forlivese, isolata dalle frane, due pazienti sono stati evacuati con l’elicottero, mentre più di uno in pianura è stato recuperato con anfibi e gommoni); il Centro di Santa Sofia, nella montagna forlivese, non era raggiungibile nemmeno dagli operatori e i pazienti sono stati pertanto trasferiti all’hub di Forlì; al volo sono stati organizzati turni supplementari per pazienti che era stato più semplice trasportare in un Centro più accessibile rispetto a quello di afferenza abituale; la pianificazione dei turni è stata fatta decine e decine di volte ma nessun paziente ha saltato il turno, tuttalpiù è stato ritardato di qualche ora. Un team parallelo, che faceva capo alla Direzione Infermieristica e alla Medicina Territoriale, ha provveduto nel frattempo a trovare un posto letto (solo alberghiero) per i pazienti impossibilitati a rientrare alle loro case cercando di concentrarli per semplificare i trasporti. Le infermiere della dialisi peritoneale hanno provveduto a contattare tutti i pazienti verificando l’esecuzione del trattamento (più di uno era senza corrente elettrica e senza copertura di rete per inviare i dati delle dialisi notturne) e l’integrità e consistenza delle forniture. Dove non era garantita la disponibilità della corrente elettrica i pazienti sono stati temporaneamente shiftati in CAPD. L’attitudine a lavorare in remoto appresa durante la pandemia ha permesso di attivarsi immediatamente alla consultazione telefonica sia dei trapiantati che dei pazienti in pre-dialisi; l’accesso in urgenza è stato sempre garantito, i reparti di degenza non hanno dimesso fino alla settimana successiva utilizzando i letti delle Chirurgie che avevano fermato gli interventi in elezione.

Molti dei provvedimenti organizzativi che si erano presi nel corso della pandemia sono scattati immediati ed automatici e, tutto sommato, coordinati, a volte prima dell’arrivo delle disposizioni ufficiali, mostrando una grande velocità di reazione e una capacità di interfacciarsi che nella routine quotidiana a volte si perde.

Abbiamo visto Coordinatrici e Coordinatori dei Centri Dialisi restare al lavoro per ore e ore senza fermarsi se non nel momento in cui tutti i pazienti avevano avuto il loro trattamento, stesso dicasi per gli infermieri dei Centri Dialisi, specie quelli più periferici; i medici in turno di guardia o reperibilità hanno dormito in ospedale anche il giorno precedente al loro turno per timore di non riuscire a raggiungere l’ospedale e anche tutto il resto del personale infermieristico ed assistenziale ha fatto la sua parte e anche parecchio di più, cogliendo in pieno il senso del momento. Abbiamo visto dei giganti al lavoro…

Certo non tutto è stato perfetto, specie nelle primissime ore quando ancora le notizie erano frammentarie e soprattutto non ancora coordinate; abbiamo avuto ingenuità, come nel caso di Carabinieri di una remota stazione che, per tutela dei pazienti stessi, non volevano farli andare al centro dialisi; gli stessi, una volta informati, si sono prodigati poi per darci una mano, soprattutto nelle comunità montane isolate dove erano, nelle prime ore, la sola autorità presente in contatto con le Prefetture.

Cosa abbiamo imparato da questa esperienza? Innanzitutto che sia le organizzazioni sanitarie che quelle istituzionali si sono mosse con grande rapidità ed efficacia tanto da dire che la gestione dell’emergenza è stata molto efficiente; ma accanto a questo emerge prepotentemente la capacità di attivarsi, di lavorare in collaborazione, di non risparmiarsi, di tutti gli addetti ai lavori e non, dei vicini di casa, dei compaesani e, non ultimi, di tutti coloro che rapidamente sono arrivati da più lontano a dare una mano senza che nessuno l’avesse chiesto. Hanno spalato e ancora spalano il fango nelle case assieme a chi ci abita, puliscono, provano a rimettere le cose a posto e intanto cantano “Romagna mia” e piangono a vedere la devastazione e scavano e continuano a cantare… grande terra la Romagna. Non vogliamo trarre insegnamenti morali da questa esperienza, ma la solidarietà resta un bene inestimabile.

Più semplice trarre insegnamenti per il nostro ambito: come nel corso del terremoto nel Modenese uno dei punti critici poteva diventare lo stoccaggio e approvvigionamento dei materiali; l’abitudine a tenere scorte ridotte e quasi sempre ubicate nei sotteranei poteva diventare un problema specie nel caso in cui le vie di comunicazione si fossero interrotte. Fortunatamente questo non è successo, ma si conferma che mantenere sempre a portata di mano il materiale dialitico per coprire almeno 48-72 ore è una buona abitudine dettata dal buon senso; un altro punto fondamentale è avere a disposizione l’elenco dei pazienti, inclusi indirizzo e numeri di telefono anche in cartaceo perché i collegamenti internet in queste situazioni possono saltare. Ma più di tutto è necessario mantenere una lucida visione organizzativa delle risorse logistiche e umane a disposizione e di come riallocarle rapidamente in uno scenario in continua mutazione; questo atteggiamento ha permesso di giocare un ruolo importante anche nei confronti dei pazienti che devono sapere di poter contare su un centro dialisi che non li lascia soli e su cui possano fare affidamento nei momenti di difficoltà. Normalmente siamo portati a lamentarci del fatto di farsi anche troppo carico delle esigenze dei pazienti, soprattutto di quelle che poco hanno a che fare con la clinica, ma in quest’occasione il filo che ci lega a loro e la conoscenza dettagliata della loro logistica e rete familiare ha permesso di dare una risposta a tutti.

Infine vorremmo cogliere questa occasione per ringraziare tutti i colleghi che ci hanno chiamato in quei giorni per offrire non solo vicinanza ma anche risorse; è stato importante, ci hanno fatto sentire meno isolati.

Natura giuridica e questioni di diritto pratico relative alle Aziende Sanitarie Locali

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Il quadro normativo

L’azienda sanitaria locale (ASL) è un ente dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale che opera nel quadro del servizio sanitario nazionale (S.S.N.) secondo quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 bis, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

È definito quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale, diretto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività (art. 1, d.lgs. n. 229 del 1999).

La nascita delle ASL è databile al 1993 grazie alla legge n. 92, ma in realtà i principi-base del decentramento della sanità pubblica, che rappresentano la ragion d’essere delle moderne Asl, si concretizzano già nel 1978 con l’inizio della cessione dell’organizzazione dei servizi da parte dello Stato agli enti periferici quali Regioni, Province e Comuni.

Si può affermare che la legge n. 883 del 1978 è stata la prima grande riforma sanitaria del nostro ordinamento ed ha avviato un importante processo di trasformazioni nella sanità pubblica. Essa ha stabilito per la prima volta la definizione di sanità come un insieme di misure di prevenzione, cura e riabilitazione a disposizione del cittadino. La riforma del 1978 ha introdotto un nuovo sistema sanitario basato sul criterio della cd. copertura universale, che sostituisce il precedente modello fondato su differenti sistemi mutualistici professionali, le cui coperture variavano anche in maniera molto sostanziale tra di loro, a seconda del territorio. 

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Nefrologi e futuro

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Ci sono molti elementi su cui riflettere in questo periodo storico che di fatto appaiono contrastanti e spesso di non facile inquadramento. Questo tempo configura una nefrologia interessata da molteplici spunti che possono imprimere un radicale rinnovamento nel profilo professionale della figura del nefrologo. Il fiorire di convegni mette in luce una serie di novità che sembrano preludere ad un radicale nuovo approccio al paziente con rischio nefrologico.

Certamente glifozine, nuovi antialdosteronici a base non steroidea, nuovi farmaci anti-potassiemici, stabilizzatori del fattore ischemia inducibile, svariati monoclonali che insieme con la voclosporina possono modificare il panel terapeutico di approccio alla nefropatia lupica, sono tutte opportunità terapeutiche di imminente inserimento nel prontuario terapeutico delle patologie renali, senza dimenticare i potenziali nuovi principi farmacologici che potrebbero aggiungersi, mantenendo e sviluppando le premesse attuali, al panel di possibili nuove opportunità in termini terapeutici quali i GLP-1 agonisti nella malattia renale cronica o nelle forme di sclerosante focale su base adattativa o gli anti-interleuchina 6 nel trapiantato di rene, per fare solo due esempi. 

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Le nuove sfide della Nefrologia

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Γνῶθι σεαυτόν, Conosci te stesso

 

Per evolvere bisogna conoscere ciò che si è. La Nefrologia italiana è di alto livello ed è rappresentata da un’unica società scientifica, la SIN, che è una società forte, creata e cresciuta dai Padri fondatori della Nefrologia italiana, con all’attivo circa 3000 iscritti.

La Nefrologia è una disciplina straordinaria, capace di coniugare raffinate competenze speculative ad alta tecnologia e grande manualità; e i nefrologi italiani, dall’esordio ai giorni nostri, si sono distinti apportando un contributo fondamentale alla Nefrologia mondiale.

Ma oggi dobbiamo saper cogliere, e seguire, la grande transizione in atto nella sanità e nella società tutta: recuperando il passato e insieme dando vita ad un futuro diverso.

Da una parte la necessità di recuperare, in tutte le nefrologie italiane, alcune competenze specialistiche che, incautamente, negli anni sono state spesso demandate ad altri: la nefrologia interventistica e la dialisi in area critica ne sono due esempi paradigmatici. Perché solo la ricchezza di competenze e la capacità di creare interfacce forti ci farà mantenere il potere contrattuale, in un contesto in cui i tagli e gli “sfrondamenti” alla spesa sanitaria continueranno, purtroppo, ad imperare. 

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Un percorso in costante crescita

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Nonostante questi ultimi anni siano stati pieni di improvvise emergenze che ci hanno costretto a fronteggiare l’emergenza clinica dei nostri pazienti in un clima di perenne precarietà, nonostante il numero dei nefrologi non sia soddisfacente e molte realtà assistenziali siano costrette a fronteggiare l’ordinario attraverso forme che implicano la “straordinarietà”, il nostro giornale ha potuto vivere del contributo di tanti crescendo in termini qualitativi e quantitativi. Si tratta di un progressivo sforzo migliorativo che si è ben consolidato e che ambisce a nuovi obiettivi quali una piena indicizzazione nei canali mediatici di riferimento.

Sono pertanto lieto di iniziare questo volume con una sintesi dei risultati che hanno caratterizzato questo percorso.

L’occasione mi è gradita per rinnovare a tutti l’invito a leggere il giornale e a scrivere nel Giornale Italiano di Nefrologia.

Il numero di fruitori del sito web del GIN è in costante crescita da quando è stato istituito; esso è quasi raddoppiato tra il 2018 e il 2019 essendo passati dall’avere poco più di 50.000 visitatori al superare i 100.000, oltrepassando per la prima volta i 200.000 lo scorso anno con 210.913 visitatori. Si stima di oltrepassare anche quest’anno la soglia annuale, considerando che i lettori relativi all’ultimo periodo gennaio/ottobre sono più di quelli del corrispondente intervallo nel 2021.

Il numero totale dei visitatori del sito web del GIN nel 2022
Figura 1: *Il numero totale dei visitatori del sito web del GIN nel 2022 è una stima calcolata sulla base dei visitatori nell’intervallo 1 gennaio/15 ottobre. Fonte dati Google Analytics.

Come appurabile dalla Figura 2, che mostra l’andamento delle visite degli utenti del GIN nell’arco del 2021 e che è rappresentativa di un andamento più generale, il sito web del GIN è consultato quotidianamente da un consistente numero di utenti, con comprensibili picchi in prossimità dei giorni di pubblicazione dei nuovi numeri del giornale.

Figura 2: Andamento delle visite del sito web del GIN nell’anno 2021. Fonte dati e immagine Google Analytics.
Figura 2: Andamento delle visite del sito web del GIN nell’anno 2021. Fonte dati e immagine Google Analytics.

A supporto del sito vi è la pagina Facebook, con i suoi quasi 3000 follower. Qui ogni issue del giornale viene preannunciato e, al momento della pubblicazione, promosso con un post dedicato ad ogni articolo corredato di link di rimando.

Figura 3: Ogni articolo del GIN è promosso sulla pagina Facebook con una breve descrizione, un’immagine e un link di rimando.
Figura 3: Ogni articolo del GIN è promosso sulla pagina Facebook con una breve descrizione, un’immagine e un link di rimando.

Nonostante la sua utenza sia prevalentemente italiana, con il passare del tempo il giornale assume un respiro sempre più internazionale: solo nell’ultimo anno hanno pubblicato con noi team provenienti da varie parti del mondo, come Brasile o Iran, e stando ai dati di Google Analytics abbiamo lettori sparsi nei vari paesi, con prevalenza di quelli anglofoni.

Figura 4: Lista dei 10 paesi con maggior numero di visitatori del sito web del GIN nel 2022.
Figura 4: Lista dei 10 paesi con maggior numero di visitatori del sito web del GIN nel 2022.

Degno di nota è che anche quest’anno abbiamo avuto lettori in quasi la totalità dei paesi di tutti i continenti.

Mappa della provenienza geografica delle visite del sito web del GIN dal 1 gennaio 2022
Figura 5: Mappa della provenienza geografica delle visite del sito web del GIN dal 1 gennaio 2022 ad oggi. Fonte dati e immagine Google Analytics.

Proprio per cavalcare e incentivare questo trend cerchiamo di fare in modo che quasi ogni numero contenga almeno un contributo scritto in inglese.

 

Itching in dialysis, from the patient’s point of view

Abstract

Itching is an annoying symptom, which afflicts patients with chronic renal failure. To assess the diffusion of itching in the dialysis population in Italy, we carried out a questionnaire, which was distributed to patients of various Italian dialysis centers. The purpose of this investigation was to bring out all those aspects, which make itching a state of chronic suffering, which daily undermines the quality of life of patients. The questionnaire had 16 questions on the intensity of itching, the timing of appearance, the report to doctors and nurses, and any suggested remedies, in addition to some other concerning age, sex, and dialysis age. The questionnaires were distributed to 153 Dialysis Centers and received 1905 responses. In 46.7% of the answered questionnaires, the patients declared the absence of itching. Instead, 53.3% of the patients interviewed reported having itching with varying degrees of intensity. We used for quantifying the intensity of itching the numerical rating scale (NRS). Among the interviewees, those (20.4%) who reported a greater intensity and severity of the symptom described it as often present always, even at night, so as to heavily condition sleep. Only 32.5% of patients solved the problem by contacting their nephrologist or dialysis nurse, and a lower percentage by contacting the dermatologist or general practitioner.

Keywords: itching in dialysis, survey, VAS scale, remedies for itching

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Introduzione

Il prurito legato alla insufficienza renale è un sintomo che causa una pessima qualità di vita, impedendo un riposo corretto e generando alterazioni di carattere organico su vari sistemi ed apparati e, talora, severi stati depressivi. Alla base del prurito, che viene generalmente definito come uremico, ci sono una molteplicità di cause che vanno ben al di là della semplice intossicazione uremica [1, 2].

In dialisi cronica l’incidenza del sintomo prurito è riportata come superiore al 20% [1], ma non vi sono ad oggi studi conclusivi sulla diffusione di questo sintomo invalidante ed anche su eventuali efficaci rimedi terapeutici. 

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The experience of a European nephrologist at the SIUT: the largest Nephrology-Urology Transplantation Unit in South East Asia

Abstract

An Italian nephrologist, during her long experience in the Middle East, is a guest at the SIUT (Sindh Institute of Urology & Transplantation) in Karachi, the largest centre of nephrology-urology and transplantation in South Asia. She discovers the “SIUT model” which guarantees a constant quality of health care, fighting organ trafficking despite the poor economic conditions of the country, Pakistan.

Introduction

The Islamic Republic of Pakistan is a federation consisting of four provinces. Its capital is Islamabad, and the country borders India to the east, China to the north, Iran and Afghanistan to the west, and the Indian Ocean to the south. With a population of nearly 229 million  over 60% of whom is under the age of 27  it is the sixth most populous country in the world. Pakistan has a fast population growth rate and is expected to have a doubling of the population within 30 years [2]. The United Nations estimates that Pakistan will be the fifth-most populous country by 2030. Its geopolitical location is strategic, as it is at the crossroads between Middle East-Central Asia and South-East Asia; along the oil and gas routes from Central Asia to the Indian Ocean. Therefore, it lends itself to being a hinge for pan-Eurasian integration, attracting interest from China and the Middle East, and making it a very unstable geographic area, in particular, because of its proximity to Afghanistan. 

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