n. 1 – gennaio-febbraio

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  • Aspetti molecolari della iterazione leucociti-endotelio nel danno glomerulare. (Editoriale)
    E. Battaglia, E. Lupia, G. Montrucchio, G. Camussi
  • Modelli di farmacocinetica per l’urea: implicazioni cliniche.
    S. Mandolfo, A. Zucchi G. Fustolo, E. ImbasciatiLa possibilità di monitorare l’urea mediante un biosensore in corso di PFD ha aperto interessanti prospettive di nuovi studi di cinetica intradialitica. Scopo del lavoro è la descrizione della curva di decremento dell’urea mediante due modelli, rispettivamente mono (MCM) e bicompartimentale (BCM) derivati dalla farmacocinetica. Sono stati studiati 20 pazienti e l’accuratezza del “fitting tra dati sperimentali e i due modelli è stata valutata attraverso il “log-likelihood ratio” ed il test r2. IL BCM consente un miglior ‘fitting’ (r2 = 0.998 ± 0.002, log-likelihood 20 ± 5) rispetto al MCM (r2 = 0.983 ± 0.019, log-likelihood 38 ± 9). Secondo BCM è possibile scomporre il trattamento in due fasi, una prima rapida ed una seconda lenta ed estrapolare un valore di KT/V (KT/Vmf). La regressione lineare multipla ha evidenziato nel volume di distribuzione e nella clearance del filtro, i fattori determinanti la fase rapida della curva. Abbiamo infine confrontato KT/Vmf con KT/V derivato dalla quantificazione diretta (KT/Vddq): nessuna differenza significativa è presente fra i due valori. In conclusione BCM consente una adeguata descrizione della curva di decremento dell’urea è permette una stima dell’indice KT/V basato su un modello a due compartimenti. (Giorn It Nefrol 1996; 13 11-17)
  • Microalbuminuria nell’ipercolesterolemia primitiva.
    S. Bottazzo, G. Severi, P. Toffoletto, G. FazzinStudi clinici e sperimentali sostengono l’ipotesi che nelle nefropatie i lipidi plasmatici giochino un ruolo di primo piano nella progressione del danno renale. Al fine di rilevare la presenza di un’iniziale disfunzione renale in soggetti non nefropatici con ipercolesterolemia primitiva, abbiamo dosato il tasso di microalbuminuria (Mi) in 40 soggetti (11 maschi e 29 femmine) con iperlipidemia tipo IIA o IIB-OMS, di grado severo. Tutti i soggetti erano esenti da malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa e diabete. Venti soggetti normolipidemici sono stati usati come controllo. Il tasso di Mi (mg/L, media ± DS) è risultato pari a 14 ± 13 nei soggetti dislipidemici e 11 ± 8 nei controlli (p=NS). Nessuna correlazione è stata rilevata tra i livelli di Mi e le concentrazioni dei lipidi plasmatici. Tali dati sembrano indicare che l’ipercolesterolemia di per se non si associa ad alterazioni renali rilevabili mediante il dosaggio della Mi. (Giorn It Nefrol 1996, 13: 19-23).
  • Probabili effetti della biocompatibilità sulla funzione ventricolare sinistra: tre procedure emodialitiche a confronto.
    R. Ariano, G. Bufano, P. Pecchini, F. Pecchini, P. Pedroni, L. Scazzina, M. Gardinali, C. CasaroL’ecocardiografia consente una valutazione completa e non invasiva della funzione ventricolare sinistra. In un precedente lavoro abbiamo dimostrato un peggioramento della contrattilità miocardica dopo 20′ di bicarbonato-dialisi con cuprophan (BH), ma non in corso di PFD. Erano presenti, contemporaneamente, segni di bioincompatibilità (aumento del C3a e calo dei leucociti) solo durante BH. Allo scopo di escludere che il miglior effetto della PFD fosse dovuto soprattutto agli effetti favorevoli del trasporto convettivo piuttosto che alla buona biocompatibilità della metodica, abbiamo condotto il presente studio che comprende BH, PFD e BH con membrana biocompatibile (polimetilmetacrilato). Anche nel presente lavoro i segni di bioincompatibilità ed il peggioramento della funzione ventricolare sinistra si sono evidenziati a 20′ solo in BH con cuprophan, confermando l’ipotesi della prevalente influenza di tali fenomeni sulla funzione miocardica. Al termine di ciascuno dei tre trattamenti si e verificata una ripresa della performance ventricolare sinistra, probabilmente dipendente dalle modificazioni elettrolitiche indotte dalla dialisi e/o dalla cessazione della bioincompatibilità. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 25-29).
  • Trasporto tubulare ed eritrocitario del sodio in pazienti con nefropatia policistica. R. Boero C. Guarena, D. Carbone, M. Ferro, A. Vallero, A. Marciello, F. Quarello, R. Mosso, G. Cacace, P. Borelli, G. Picciotto, G. PiccoliScopo di questo lavoro è la valutazione simultanea del trasporto tubulare ed eritrocitario del sodio in pazienti con nefropatia policistica. Sono stati studiati in 15 pazienti (5 maschi, 10 femmine, età mediana 33 anni, range 16-51 anni; 6 ipertesi con PA _140/90 mmHg): GFR (clearance EDTA Cr51), riassorbimento tubulare segmentario del sodio (clearance del litio), attività reninica, aldosterone sierico ed urinario, ANP, attività della pompa del sodio e concentrazione intracellulare di sodio negli eritrociti. I risultati sono espressi come mediana e ranges. La concentrazione intracellulare di sodio era significativamente (p=0.003) piu elevata, [11.5 mmol/L GR (9.9-12.8) vs 8.7 (7.6-10.3)] e l’attività della pompa Na-K significativamente (p=0.002) ridotta, [178 h-3 (144-224) vs 266 (200-397)] nei pazienti con nefropatia policistica ipertesi rispetto ai normotesi. La sodiuria delle 24 ore precedenti l’indagine era sovrapponibile nei normotesi e negli ipertesi. L’escrezione frazionale del sodio (FENa) è risultata significativamente (p=0.025) aumentata nei pazienti ipertesi rispetto ai normotesi [1.62% (1.29-1.88) vs 0.97 (0.55-2.36)]. 11 riassorbimento prossimale frazionale del sodio e risultato sovrapponibile nei due gruppi di pazienti [76.9% (68.6-87.6) vs 78.6 (71. 9-84.9)]. Il riassorbimento distale frazionale di sodio è risultato significativamente (p=0.025) inferiore nei pazienti ipertesi rispetto ai normotesi [92.4% (87.4-95.2) vs 95.5% (90.7-96.8)]. La FE-Na era correlata direttamente con: ANP (rho=.62; p=0.02), PAM (rho=.58; p=0.03), inversamente con PRA (rho=-.68; p=0.01) e Pompa Na-K (rho=-.68; p=0.01 ). La PAM correlava inversamente con la pompa Na-K (rho=.-69; p=0.01 ) e direttamente con [Nai] (rho=.66; p=0.01). I pazienti con nefropatia policistica ipertesi hanno un’escrezione frazionale del Na significativamente aumentata rispetto ai normotesi, dovuta ad un ridotto riassorbimento del catione nei siti distali del nefrone. Le modificazioni del trasporto transmembrana del Na, verosimilmente finalizzate al mantenimento del bilancio del volume extracellulare, potrebbero avere un ruolo patogenetico nei confronti dell’ipertensione arteriosa. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 31- 7)
  • Il circuito idraulico interno del monitor quale fonte principale di contaminazione endotossinica del dialisato.
    G. Passavanti, S. Pece, A. Mancini, G. Giuliani, F Spadavecchia, P. CoratelliUtilizzando quattro monitor: Monitral SC AFB, Fresenius 2008 E, Bellco Multimat e Gambro AK 10, sono state esaminate, in un impianto di dialisi fornito di osmosi inversa e regolarmente sottoposto a periodiche e frequenti procedure di disinfezione, le variazioni delle caratteristiche microbiologiche dell’acqua di dialisi dall’osmosi inversa fino alla sua trasformazione in dialisato. Con i primi tre monitor, rispettivamente muniti di ultrafiltro dialisato in poliamide (Diaclear), in polisulfone (Diasafe) e polisulfone Amicon (Multiclean), lo studio è stato condotto al termine della 2a ora di HD, alla 10a, 20a, 30a e 40a HD dalla sostituzione dell’ultrafiltro, mentre con il 4o monitor non munito di ultrafiltro è stato effettuato al termine della 2a ora di tre HD. I campioni testati furono prelevati all’uscita dell’osmosi inversa, all’ingresso monitor, sul dialisato in uscita dal monitor e sul dialisato all’uscita degli ultrafiltri. Inoltre, alla fine della 2a ora di ciascuna HD, sono stati anche effettuati prelievi sui concentrati al fine di constatarne la loro sterilità. Complessivamente: l) all’uscita dell’osmosi inversa l’acqua trattata risultò sempre batteriologicamente sterile e LAL negativa; 2) all’ingresso monitor, pur mantenendo le sue caratteristiche di acqua batteriologicamente sterile, risultò talvolta LAL positiva; 3) all’uscita monitor il dialisato, a fronte di una accertata sterilità dei concentrati, presentò sempre una reattività al LAL test associatasi a presenza di colonie batteriche solo in due HD; 4) trattato dagli ultrafiltri, relativamente ai tre monitor che ne erano provvisti, il dialisato risultò sempre caratterizzato da assenza di cariche batteriche nonche da una negatività del LAL test. In conclusione, i dati dello studio individuano nel circuito idraulico interno del monitor la principale fonte di contaminazione endotossinica del dialisato, adducendo evidenze a favore degli ultrafiltri testati quali idonei sistemi di cattura delle endotossine e/o dei loro frammenti presenti nel dialisato. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 39-45)
  • Bioincompatibilità del trattamento emodialitico: confronto tra dialisi extracorporea e dialisi peritoneale.
    C. Libetta T Rampino, B. Guida, R. Giulivo, S. Federico, W. De Simone, G. Cavaliere, M. Punzi, F Evangelista, B. MemoliIn un precedente studio. abbiamo dimostrato che i pazienti in trattamento dialitico con membrane di cuprophan presentano una produzione monocitaria di IL-6 significativamente maggiore sia rispetto ai soggetti normali che ai pazienti uremici cronici non ancora in trattamento dialitico. La dialisi peritoneale, che utilizza come membrana dializzante il peritoneo, è considerata essere un trattamento piu biocompatibile rispetto all’emodialisi extracorporea. Allo scopo di valutare la biocompatibilità della dialisi peritoneale. abbiamo confrontato la produzione spontanea di IL-6 e di β2-m da parte delle cellule mononucleari periferiche dei pazienti intrattamento dialitico cronico extracorporeo e peritoneale. Il nostro studio ha dimostrato che la produzione spontanea di IL-6 da parte delle cellulelinfomonocitarie ottenute dai pazienti in dialisi peritoneale (600.7 ± 104.3 pg/3 x 106 PBMC/24 hr) ed in HD (664.4 ± 138.9 pg/3×106 PBMC/24 hr) è statisticamente più alta rispetto a quella ottenuta dalle PBMC dei soggetti controllo (14 2 ± 3,6 pg/3×106 PBMC/24 hr, p>0.01) e dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica in terapia conservativa (18 6 ± 4.0 pg/3×106 PBMC/24 hr, p>0.01) Analogamente, è risultata maggiore nei pazienti in trattamento dialitico peritoneale ed extracorporeo rispetto ai soggetti controllo ed ai pazienti uremici cronici non ancora dializzati. In conclusione, la CAPD induce una attivazione sistemica cronica delle cellule mononucleari periferiche con conseguente rilascio di IL-6 e β2-m. Questi segni di infiammazione sistemica, sovrapponibili a quelli dei pazienti in HD, indicano che la CAPD è un trattamento dialitico bioincompatibile così come la dialisi extracorporea. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 47-52)
  • Parametri nutrizionali e funzione renale residua (FFR) nei pazienti in CAPD.
    R. Scanziani, B. Dozio, G. Bonforte, M. SurianIn CAPD, la funzione renale residua (FRR) gioca un ruolo importante nella somma complessiva delIe clearance settimanali delle piccole molecole. Abbiamo voluto valutare se esistano delle differenze in alcuni parametri nutrizionali tra i pazienti con o senza funzione renale residua, che presentino un eguale KT/V totale. Così abbiamo confrontato due gruppi di pazienti con eguale KT/V settimanale: Gruppo A senza FRR (n=7, KT/V 2.07 ± 0.2) e Gruppo B con FRR (n=7, KT/V 2.11 ± 0.1, Kru 1.13 ± 0.8, Krcr 2.01 ± 1.5 ml/min) contribuendo con una media del 15% (range 5.5-28) alla determinazione del KT/V totale. I due gruppi sono selezionati da 52 pazienti in CAPD da più di 9 mesi e confrontabili per età anagrafica (A=64.6+7, B=64.1+7 anni), età dialitica (A=39.8 ± 25, B=36.3 ± 31 mesi), peso corporeo (A=64 ± 3.9, B=64.7 ± 7.4 kg), BMI (A=26.6 ± 2.9, B=25.8 ± 3.6). I due gruppi presentano una differenza significativa nei valori di transferrina (A=209 ± 51, B=278 ± 24 mg/dl, p>0.006), nPCR (A=0.87 ± 0.07, B=1.11 ± 0.07 g/kg/day, p=0.00) ed albumina (A=3.31 ± 0.1, B=3.55 ± 0.2, p>0.02). nPCR correla in modo significativo con il KT/V nel gruppo A (r=0.823, p>0.05) e nel gruppo B (r=0.873,p>0.01) e con la FRR nel gruppo B (r=0.742, p>0.06). In altre parole la FRR nel gruppo B correla significativamente con l’albumina (r=0.861, p>0.02) e la transferrina (r=0.901, p>0.006). I dati sottolineano l’importanza della FRR nella determinazione di alcuni parametri nutrizionali e delI’nPCR. Nei pazienti senza FRR in CAPD si devono monitorare strettamente l’nPCR e i parametri nutrizionali per prescrivere un’appropriata tecnica dialitica. (Giorn It Nefrol 1996, 13: 53-8)
  • HCV nei centri dialisi: ancora un’opinione (Lettera alla Redazione).
    B. Agazia, M. Chellini, 0. Garizzo, P. Scaramuzzo, F. Stoppa
  • Controversia sull’isolamento degli emodializzati HCV-positivi (Lettera alla Redazione).
    M. Beccari, M. Romagnoni, B. Losi, G. Sorgato
  • Riunioni e Congressi.

n. 2 – marzo-aprile

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n. 3 – maggio-giugno

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  • Rapporto sul Registro Nazionale delle Biopsie Renali (anni 1987-1993) (Rapporto)Questo rapporto del Registro Italiano delle Biopsie Renali (RIBR) descrive l’analisi dei dati, relativi a 15.461 biopsie renali (BR), pervenuti negli ultimi sette anni (1987-1993). Nel corso degli anni 1987-88 sono state raccolte solo le diagnosi di 3.686 BR, mentre dal 1989 in poi, con l’introduzione di una scheda più dettagliata, che includeva dati anagrafici (età e sesso) e quadri clinici (sintomi e funzionalit`a renale), sono stati raccolti i dati di 11.775 BR. Questo è il primo rapporto in campo internazionale che raccolga i dati di un elevato numero di BR, provenienti dal 96% delle unità nefrologiche italiane che praticano correntemente la BR. Le BR sono state effettuate prevalentemente nei pazienti adulti (93%). Le BR praticate nei bambini (età < 14 anni) sono state 1.067. I pazienti che hanno ricevuto la BR erano prevalentemente di sesso maschile (65.4%). Le BR sono state effettuate nel 92.5% dei casi su reni nativi e nel 7.5% su reni trapiantati. Lo studio della BR è stato eseguito prevalentemente con la microscopia ottica e con la tecnica dell’immunofluorescenza, mentre la microscopia elettronica è stata applicata solo nel 37.7% dei casi. Il materiale bioptico è risultato inadeguato nel 3% e non diagnostico nel 2.3% dei casi. La BR ha evidenziato un tessuto renale normale nell’1.9% e un quadro terminale di nefropatia nel 1.5% dei casi. I dati ottenuti hanno dimostrato che la frequenza delle nefropatie, suddivise per gruppi, è stata pressochè costante nel corso dei 7 anni; lo stesso comportamento si osservava nell’analisi delle singole forme di nefropatie, sia primitive che secondarie. Ciò fa concludere che in Italia, nel corso di questi 7 anni, non c’è stata una variazione notevole della patologia nefrologica diagnosticata con la BR. Tuttavia, è stata osservata una maggior frequenza di due gruppi di patologia renale: le GN primitive (53.6%), e quelle secondarie (22.7%). Nelle forme primitive, la diagnosi piu frequente è stata la IgAN (35.2%), la GN membranosa (20.7%) e la glomerulosclerosi focale (11.8%). Nelle GN secondarie, sono state particolarmente frequenti le forme da immunopatie (11.6%) e quelle in corso di malattie disgammaglobulinemiche (6.1%). Tra le immunopatie, prevalevano la GN lupica (51.6%) e le vascoliti (25.9%), mentre tra le disgammaglobulinemie erano più frequenti l’amiloidosi renale (39.3%), la crioglobulinemia mista essenziale (30.9%) ed il mieloma multiplo (17.9%). La raccolta dei dati clinici sulle 11.775 BR pervenute nel corso degli ultimi 5 anni (1989-93) ha dimostrato che la BR è stata effettuata prevalentemente nelle anomalie urinarie (32%) e nella sindrome nefrosica (27.3%), seguite dalla macroematuria corrente (8.7%) e dalla sindrome nefritica (5.6%). L’insufficienza renale acuta era presente nel 13.1% dei pazienti, mentre l’insufficienza renale cronica si osservava nel 22.9% dei casi biopsiati. Nella sindrome nefrosica era più frequente la GN membranosa (31.6%), la glomerulosclerosi focale (11.9%) e la GN a lesioni minime (11.6%), mentre nella sindrome nefritica si osservava più frequentemente la GN acuta poststreptococcica (15.1%) e la IgAN (13.2%). Nelle anomalie urinarie (27.9%) e nelle macroematurie ricorrenti (69.7%) era frequente la diagnosi di IgAN. L’insufficienza renale acuta era presente con maggior frequenza nella BR dei trapianti renale (30.4%), quella cronica ricorreva maggiormente sia nei trapianti renali (16%) che nelle IgAN (13.3%). Il RIBR propone un ulteriore ampliamento del programma con i seguenti punti: 1) apertura di una sezione pediatrica, che raccolga tutte le BR effettuate in pazienti con età >18 anni; 2) valutazione annuale della funzione renale nei casi arruolati nel RIBR; 3) pubblicazione dei dati sulla rete INTERNET, per una migliore diffusione e utilizzazione dei risultati da parte del mondo scientifico internazionale. (Giorn It Nefrol 1996; 13 133-43)
  • Il ruolo dell’aferesi terapeutica nelle malattie renali (Rassegna).
    G. Busnach, A. Dal Col, E. Mandelli, M.L. Perrino, G. Civati
  • Alterazioni lipidiche nella sindrome nefrosica: fisiopatologia: conseguenze cliniche e terapia (Rassegna).
    G. Garini, A. Mazzi
  • Il trapianto renale da donatore vivente: 20 anni di esperienza clinica nel Policlinico Sant’Orsola.
    M.P. Scolari, C. Orsi, G. Liviano D’Arcangelo, A. Buscaroli, M. Gregorini, P. De Giovanni, R. Prandini, C. Campieri, V. Bonomini, A. Faenza, A. Recordare, A. Cavallari, G. GozzettiNella casistica complessiva del Policlinico S. Orsola (736 trapianti di rene, 149 da donatore vivente, effettuati dal ’68 al ’94) sono stati selezionati, per omogeneita e conformita statistica, 92 trapianti da vivente eseguiti dal 9/77 al 1/95. La sopravvivenza complessiva del rene è risultata 82% a 5 anni e 65% a 10 anni. I fattori più influenti sull’esito del trapianto sono stati: a) compatibilità HLA: GS 100% per gli HLA identici, 53% per identita HLA > 25%; b) grado di sensibilizzazione pre-trapianto: GS 83% nei pazienti non iperimmunizzati vs 74% negli iperimmunizzati; c) indice di stimolazione delle MLC D-R: GS 87% per IS >3.5 vs 72% per IS>=3.5; d) differenza di età D-R: GS 88% per differenza >10 anni vs 82% per differenza >10 anni. I migliori risultati si sono ottenuti con terapia triplice a basso dosaggio con steroidi, ciclosporina e azatioprina: GS 100% vs 83% con S+CsA e 78% con S+Aza. Gli episodi di rigetto hanno condizionato il GS solo se ricorrenti: GS 74% vs 84 e 80% rispettivamente, per i casi senza e con un unico rigetto. L’incidenza di complicanze chirurgiche e infettive è risultata minore rispetto al trapianto da cadavere, grazie alla programmazione dell intervento, all’estesa valutazione clinico-strumentale preoperatoria e alla minor immunodepressione farmacologica del ricevente. (Giorn It Nefrol 1996, 13: 163-73).
  • Espressione cellulare e livelli plasmatici delle molecole di adesione durante emodialisi con membrane sintetiche.
    S. Stuard, M. Bonomini, P. Santarelli, M.P. Carreno, N. Settefrati, C. Tetta, R. Gervasio, N. Haeffner-Cavaillon, A. AlbertazziLe molecole di adesione di leucociti e piastrine sono antigeni superficiali che stanno progressivamente emergendo come nuovi indici di valutazione della biocompatibilità. Tali molecole potrebbero infatti essere implicate in fenomeni biologici di rilievo conseguenti al contatto cellule-membrane dei leucociti con l’endotelio vascolare e/o interazioni leucociti-piastrine. Nel nostro studio abbiamo valutato e confrontato l’espressione degli antigeni di superficie di leucociti e piastrine (mediante immunofluorescenza indiretta ed analisi citofluorimetrica) ed i livelli plasmatici delle selectine solubili P ed E (mediante metodica ELISA) durante bicarbonato HD con 3 differenti membrane sintetiche: polisulfone, poliacrilonitrile e SPAN. Quest’ultima è una membrana in poliacrilonitrile che presenta una riduzione delle cariche elettriche negative di superficie. Sei pazienti affetti da uremia terminale sono stati dializzati per 2 settimane consecutive con ciascuna membrana in sequenza randomizzata. I prelievi ematici sono stati eseguiti al tempo 0, 8′, 15′ e fine dialisi. Per l’analisi su neutrofili e monociti sono stati utilizzati gli anticorpi monoclonali anti-CD11b (CR3: molecola coinvolta nell’interazione leucociti-cellule endoteliali), anti Sialyl-LewisX (CD15s: contro-recettore per le selectine cellulari P ed E) ed anti-CD61 (marker piastrinico la cui presenza sulla superficie leucocitaria indica la formazione di aggregati piastrine-leucociti). L’attivazione piastrinica è stata valutata mediante l’anticorpo anti-CD62P. I risultati ottenuti hanno mostrato che una certa modulazione nell’espressione leucocitaria di CD11 b e CD61 era presente dopo 8′ e 15′ di HD. Tuttavia non sono state riscontrate significative variazioni tra le 3 membrane nell’espressione di tali molecole a fine dialisi. Una significativa correlazione diretta è stata riscontrata tra aumentata espressione di CD11b sui leucociti ed aggregati piastrine-leucociti (leucociti CD61 positivi). Questo suggerisce che la molecola CD11b potrebbe essere direttamente coinvolta nell’adesione delle piastrine ai leucociti circolanti. Con nessuna membrana sono stati osservati durante la dialisi segni di attivazione piastrinica. I livelli pre-dialisi di CD62P solubile erano significativamente più elevati nei pazienti rispetto ai soggetti sani e non si modificavano durante HD. I livelli di selectina E solubile erano parimenti non modificati durante la dialisi ma non differivano significativamente da quelli dei soggetti sani. La valutazione delle molecole di adesione cellulari e solubili può rappresentare un utile marker di dialisi in quanto possono mediare le interazioni per valutare la biocompatibilità delle membrane per emodialisi. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 175-85).
  • Analisi dei costi diretti della dialisi in un campione di presidi ospedalieri.
    M. Brunetti, M. Barosi, F. Salvioni, L. GarattiniIl presente studio si è posto come obiettivo l’analisi dei costi diretti nel 1993 della dialisi in un campione di 12 centri dialisi italiani. Soltanto per l’emodialisi è stato possibile ottenere un dato di costo significativo della realtà esistente, mentre per la dialisi peritoneale il dato trovato può essere ritenuto solamente ’indicativo’. Il costo medio per la prestazione emodialitica (comprensivo di personale, ammortamento macchinari e manutenzione, materiale dialitico, farmaci e altri materiali sanitari) è di L 307.389, le singole voci che maggiormente incidono sul costo medio sono il personale (46.9% del totale) e il materiale dialitico (37.5%). La tecnica emodialitica meno costosa è risultata l’acetato dialisi (L. 254.282), mentre la più costosa la tecnica delle due camere (L. 421.591); la voce che maggiormente influenza le variazioni di costo è quella dei filtri, il cui costo medio è di L. 80.000 nelle dialisi tradizionali e di L. 200.000 in quelle ad alta efficienza. Visto l’impatto economico delle scelte terapeutiche legate all’insufficienza renale cronica e tenuto conto del nuovo metodo di finanziamento per prestazione adottato dal Servizio Sanitario Nazionale, si ritiene auspicabile proseguire la rilevazione sui costi della dialisi, al fine di renderla più rappresentativa della realtà esistente. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 187-94)
  • Ipercalcemia da sarcoidosi in dialisi (Caso clinico).
    F. Giacchino, G. Garneri, A. Serra, P. Bossi, P. Belardi, M. Frascisco, G.M. Bosticardo, L. ComuneViene descritto il caso clinico di ipercalcemia da sarcoidosi con interessamento dei linfonodi intratoracici in una paziente in trattamento dialitico periodico da circa 3 anni. Dopo un tentativo con terapia steroidea sospesa per motivi clinici, è stato impiegato il Ketoconazolo con risultati soddisfacenti a distanza di alcuni mesi. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 195-7)
  • Infezione HCV in emodialisi: un problema da gestire (Lettera alla Redazione).
    B. Di Iorio, G. Gaudiano, C. Altieri, V. Terracciano
  • Sovraccarico idrico e valori pressori in emodialisi (Lettera alla Redazione).
    G. M. Trovato, G. Carpinteri, E. Iannetti
  • Influenza dello stato di idratazione sui valori pressori. Risposta degli Autori (Lettera alla Redazione).
    P. Dionisio, R. Bergia, M. Valenti, E. Caramello, E. Stramignoni, I.M. Berto, P. Bajardi
  • Riunioni e Congressi

n. 4 – luglio-agosto

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  • Significato clinico del monitoraggio intradialitico del volume ematico
    A. Santoro, E. Mancini, P. Zucchelli
  • Resistenza all’Eritropoietina: principi di diagnostica (Rassegna)
    A. Allegra, C. Aloisi, F. Corica, N. Frisina, M. Buemi
  • Bassa prevalenza di anticorpi anti-virus dell’epatite E (anti-HEV) in pazienti emodializzati cronici: studio sieroepidemiologico
    F. Fabrizi, G. Lunghi, G. Bacchini, I. Guarnori, L. Raffaele, G. Erba, F: LocatelliIl virus dell’epatite E è l’agente eziologico responsabile dell’epatite non-A non-B a trasmissione enterica. La trasmissione di HEV e principalmente per via oro-fecale ma è stata ipotizzata anche la trasmissione ematogena del virus. Le indagini epidemiologiche riguardo HEV nei pazienti emodializzati cronici sono scarse e con risultati contraddittori. Abbiamo testato per gli anticorpi anti-HEV 204 pazienti in emodialisi di mantenimento presso il nostro Centro. Abbiamo trovato 6 pazienti anti-HEV positivi, la prevalenza degli anticorpi anti-HEV è stata del 2.9%. 1 livelli di prevalenza dei virus a trasmissione ematogena quali HBV e HCV sono stati 39% e 22%, rispettivamente. Nessun paziente anti-HEV positivo ha mostrato segni di danno epatico, né al momento dell’indagine né in precedenza, nessun fattore di rischio per gli anticorpi anti-HEV è stato identificato nella maggior parte dei pazienti. Sembra che i pazienti emodializzati non siano a rischio di infezione da HEV. (Giorn It Nefrol 1996; 13 227-232)
  • Variazioni del rapporto dialisato/plasma del sodio e del calcio durante il ‘peritoneal equilibration test’
    F. Malberti, B. Corradi, E. ImbasciatiLa valutazione del D/P del sodio (D/P Na) durante le fasi iniziali di uno scambio peritoneale con soluzioni ipertoniche è utile per classificare i pazienti con perdita di ultrafiltrazione peritoneale: il D/P Na non si riduce durante lo stazionamento nei pazienti in cui vi è un aumento della permeabilità e della superficie peritoneale, mentre si riduce nei pazienti con aumentato riassorbimento linfatico o ridotto trasporto peritoneale. Scopo di questo studio è stato quello di valutare: 1) se la determinazione del sodio nel liquido peritoneale durante il PET consente di discriminare i pazienti con elevata permeabilità peritoneale; 2) la relazione tra le variazioni del sodio e quella di altri soluti, quali il calcio, il glucosio, la creatinina. Sono stati studiati 42 pazienti in CAPD distinti, in base al PET, in 3 classi (2 pazienti della classe IV sono stati considerati assieme a quelli della classe III). Il PET è stato eseguito usando soluzioni contenenti 135+/-1.6 mmol/L di Na e 1.22+/-00.5 mmol/L di Ca. Durante il PET il DNa e il D/PNa si riducevano significativamente rispetto al tempo 0′ nella classe II e III, ma non nella classe I. Il D/PNa a !”=’ scendeva al di sotto di 0.89, da livelli iniziali medi di 0.92, in 15 su 17 pazienti della clase III e in 12 su 15 della classe II rispetto a 2 su 10 pazienti della classe I. L’analisi di regressione multipla indicava che il D/P creatinina era il fattore più importante nel determinare il D/P Na a 120′ e 240′. 11 calcio ionizzato (Cal) nel dialisato e il D/P Cal aumentavano progressivamente durante lo stazionamento peritoneale ed erano significativamente più elevati dopo 120′ e 240′ nei pazienti della classe I rispetto a quelli delle classi II e III. D/PCal e D/P Na correlavano debolmente (r = 0.56) e solo a 120′. L’aumento del Cal nel dialisato durante lo stazionamento indica che con soluzioni contenenti 1.25 mmol/L di Ca vi è una perdita diffusiva di Ca nel dialisato. In conclusione, la permeabilità peritoneale è il più importante fattore determinante il D/PNa a 120′ e 240′; la valutazione del D/PNa durante il PET è utile per discriminare i pazienti con elevata permeabilità peritoneale. La curva di equilibrio peritoneale per il Ca, come quella per il Na, è differente a seconda del grado permeabilità peritoneale. (Giorn It Nefrol 1996; 13 233-239)
  • Dialysance ionica per la determinazione on-line del Kt/V senza prelievi ematici
    C. Manzoni, S. Di Filippo, M. Corti, F. LocatelliE’ stato recentemente segnalato un nuovo metodo per la determinazione del Kt/V nel quale la dialysance ionica sostituisce la clearance effettiva dell’urea ed il volume di distribuzione dell’urea è assunto come corrispondente al 55% del peso secco. La validità di tale metodo è stata verificata mediante confronto col gold standard rappresentato dalla quantificazione diretta, in otto pazienti durante tre consecutive sedute dialitiche ad efficienza depurativa costante, utilizzando uno specifico apparecchio (Biofeedback Module – COT Hospal) che, connesso al monitor di dialisi, determina automaticamente la dialysance cronica effettiva. Il Kt/V determinato in accordo al nuovo metodo è risultato nettamente sottostimato rispetto a quello determinato con la quantificazione diretta (differenza media = -0.26+/-0.12; -23%). Cio è conseguente sia alla sovrastima del volume di distribuzione dell’urea (valore medio 32.7+/-5 versus 28.0+/-2.5 L; +17%), sia alla sottostima della clearance effettiva dell’urea (valore medio 155+/-22.9 versus 175+/-21.7 ml/min). La correlazione altamente positiva trovata tra i due parametri consente peraltro di ricavare facilmente la clearance effettiva dell’urea dalla dialysance ionica effettiva. Pertanto, nel paziente in steady state, quando il volume di distribuzione dell’urea sia stato correttamente determinato, la semplice determinazione della dialysance ionica offre la possibilità di calcolare il Kt/V ad ogni seduta, in assenza di prelievi ematici e senza alcun costo aggiuntivo. (Giorn It Nefrol 1996; 13 241-247)
  • L’ipotensione bradicardica negli emodializzati
    G. Tripepi, V. Panuccio, F. Mallamaci, S. Malara, C. Labate, C. ZoccaliL’ipotensione è la complicanza acuta più importante del trattamento dialitico. Recentemente (JCI, 90, 1657, 1992) è stata avanzata l’ipotesi che l’ipotensione dialitica sia dovuta all’attivazione di un potente riflesso vagale che determina vasodilatazione e bradicardia. Tuttavia la prevalenza di questo tipo di ipotensione (ipotensione bradicardica) nella popolazione dialitica è stata scarsamente studiata ed inoltre l’ipotesi avanzata da Converse che gli emodializzati siano predisposti alla sincope vagale vasodepressiva non e stata formalmente esaminata. Per identificare i casi di ipotensione dialitica, 106 emodializzati sono stati osservati per tre mesi lasciando immodificata la procedura dialitica. Nell’insieme sono stati individuati 20 pazienti con ben definiti episodi di ipotensione durante la dialisi (cioè riduzione della PAM > 20% in oltre 1’80% dei trattamenti). Ciascun paziente è stato a monitoraggio emodinamico non invasivo durante la seduta dialitica e alla registrazione ECG del ritmo cardiaco in coincidenza di ciascuna crisi ipotensiva. Prima della seduta dialitica è stata effettuata una stima dell’acqua corporea totale (TBW) (BIA, Akern). Per valutare l’ipotesi avanzata da Converse, 19 emodializzati, di cui 11 con ipotensione dialitica, sono stati sottoposti a tilt test (70°) in condizioni di disidratazione cioè dopo un trattamento dialitico standard. Nell’insieme sono state registrate 60 crisi ipotensive (>/=2 in 15 pazienti) di cui 35 tachicardiche, 19 a FC invariata e 6 bradicardiche. Nei 15 pazienti con ripetute crisi ipotensive il pattern di risposta della frequenza cardiaca (FC) era riproducibile in 10 (6 con tachicardia e 4 con FC invariata) ed erratico in 5 (cioe bradicardia preceduta o seguita da tachicardia o FC invariata). L’ipotensione bradicardica si associava ad ipotensione predialitica, tachicardia e bassa TBW e/o ad un ritmo di ultrafiltrazione (>/=0.33 ml/kg/min) chiaramente superiore alla capacità di refilling del sistema cardiovascolare. Durante il tilt test 4/19 pazienti svilupparono ipotensione bradicardica (3 con ipotensione dialitica ed 1 resistente all’ipotensione). La prevalenza dell’ipotensione bradicardica durante il tilt (4/19) è risultata quasi identica a quella dell’ipotensione bradicardica durante la dialisi (5/20 cioe il 20%) e a quella riportata in una recente meta-analisi in soggetti sani e in pazienti non predisposti alla sincope vaso vagale (Kapoor, Am J Med 1994, 97, 75). In conclusione, I’ipotensione bradicardica è un evento meno frequente dell’ipotensione tachicardica. Essa sembra dipendere principalmente da un’eccessiva riduzione del volume circolante e con ogni probabilità non è il risultato di una peculiare predisposizione alla sincope vaso vagale. (Giorn It Nefrol 1996; 13 249-256)
  • Coincidenza di aspergillosi (A. fumigatus) in pazienti defedati, ricoverati durante lavori di ristrutturazione ospedaliera (Caso Clinico)
    A. Sessa, M. Meroni, G. Battini, F. Pitingolo, A. Tommasi, F. Giordano, M. Marks, P. CasellaMiceti della specie Aspergillus (A. fumigatus, A. flavus, A. niger) sono ampiamente diffusi nell’ambiente e la loro massiva inalazione, quasi sempre di A. fumigatus, puo essere patogena in soggetti defedati e/o immunodepressi. Microepidemie di infezione da A. fumigatus sono state segnalate in corso di lavori di ricostruzione ospedaliera interessanti Reparti dove erano ricoverati pazienti immunocompromessi. Le sindrome cliniche più tipicamente connesse ad infezione da A. fumigatus sono l’aspergillosi polmonare allergica e l’aspergillosi polmonare disseminata, con caratteristici reperti radiologici. Tali sindromi, però, risultano di rara evidenza clinica in soggetti con normali meccanismi di difesa in quanto i conidii frequentemente inalati vengono uccisi dai macrofagi alveolari, mentre i micelii vengono neutralizzati dai granulociti neutrofili. Recentemente, si sono verificati nella nostra Unità di Nefrologia e Dialisi tre casi consecutivi di infezione da A. fumigatus in pazienti debilitati o immunodepressi, ricoverati durante lavori di ricostruzione muraria. Due di questi morirono per aspergillosi polmonare disseminata, come documentato dall’accertamento autoptico: il terzo paziente, nel quale la diagnosi di infezione polmonare da A. fumigatus era clinicamente altamente sospetta, fu trattato in modo aggressivo e con successo con amfotericina-B liposomiale. La nostra esperienza clinica dimostra come le infezioni da A. fumigatus stiano assumendo una crescente rilevanza clinica in medicina e, pertanto, vadano prese costantemente in considerazione in pazienti cronicamente defedati o immunodepressi, compresi i dializzati anziani; inoltre, I’impiego di amfotericina-B liposomiale unilamellare rappre- senta un reale miglioramento, sia in termini di efficacia che di assenza di effetti collaterali, nella te- rapia dell’aspergillosi invasiva e disseminata. (Giorn It Nefrol 1996; 13 257-262)
  • L’analisi dell’immagine TAC nello studio del rene policistico autosomico dominante(Lettera alla Redazione)
    G. Passavanti, A. Ramunni, A. Fratello, A. Mancini, C. Angeletti
  • Bezafibrato e rabdomiolisi in CAPD (Lettera alla Redazione)
    M. Saruggia, F. Vallino
  • Riunioni e Congressi

n. 5 – settembre-ottobre

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  • L’interruzione volontaria del trattamento dialitico (Editoriale)
    L. Migone
  • Il metabolismo proteico nei pazienti con insufficienza renale cronica (Editoriale)
    G. Garibotti, A. Tizianello
  • Quantificazione della dose dialitica in ’emodialisi breve’
    S. Di Filippo, C. Manzoni, M. Corti, F. LocatelliIn emodialisi ‘breve’ la validità del modello cinetico single pool variable volume (SPVV), comunemente utilizzato per la determinazione del Kt/V (Kt/Vc), è pesantemente limitata dalle modalità di rimozione dell’urea di tipo bicompartimentale, condizionate dalla più elevata efficienza e dalla limitata durata del trattamento. Scopo del nostro lavoro è stato quantificare la differenza fra Kt/Vc e Kt/V determinato col metodo dl riferirnento, la quantificazione diretta (Kt/Vqd), e verificare la validità della correzione del Kt’Vc mediante impiego del valore dl urea finale determinato a rebound postdialitico esaurito. I nostri risultati dimostrano che, anche in sedute dialitiche di efficienza non particolarmente elevata, il Kt/Vc risulta sempre sovrastimato (differenza media = 0.215 +/- 0.08; +19%). Tale sovrastima appare totalmente imputabile alla sottostima del volume di distribuzione dell’urea conseguente alla mancata considerazione del rebound postdialitico: quest’ultimo risulta infatti strettamente correlato alla differenza tra Kt/Vc e Kt/Vqd (r2 = 0 82; p>0.001) 1l Kt/V determinato cineticamente. ma con impiego dei valori di urea postdialitici all’equilibrio, risulta perfettamente corrispondente al Kt/Vqd (differenza media pari a 0.001+/- 0.034) dimostrando come tale correzione restituisca piena validità al modello anche in emodialisi ‘breve’. La limitata variabilità intrapaziente del rebound da noi riscontrata a parità di efficienza dialitica, se confermata stabile nel tempo, potrebbe ovviare alla necessità del prelievo ematico a distanza di almeno 30′ dal termine della seduta, consentendo di ricavare il valore di urea all’equilibrio dal valore di rebound determinato una tantum. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 303-310)
  • Vaccinazione anti-epatite B nell’emodializzato: valutazione dell’efficacia della via intradermica rispetto alla via intramuscolo
    M. Terribile, L. Di Nuzzi, G.B. Stasio, P. Iuliano, G. Iulianello, L. TufanoAbbiamo effettuato uno studio multicentrico su 30 pazienti emodializzati negativi per HBsAg, HBsAg e HBcAb per valutare comparativamente l’efficacia della vaccinazione anti-epatite B per via intradermica (i.d.) rispetto alla classica via intramuscolo (i.m.). Quindici pazienti (gruppo 1 ) sono stati vaccinati per via i.m. con 40 microg di vaccino Engerix B ai tempi 0, 1, 6 mesi per una dose totale di 120 microg/pz. Quindici pazienti (gruppo 2) sono stati invece vaccinati per via i.d. con 5 microg di vaccino Engerix B ogni 15 giorni per 6 mesi, con una dose totale di 60 microg. I due gruppi erano comparabili per età, sesso, numero di mesi di trattamento dialitico e peso corporeo. E’ stato effettuato dosaggio dei livelli anticorpali a mesi 2, 4, 6, 8 dall’inizio del ciclo vaccinale. I pazienti con titolo >10 mUI/ml sono stati considerati non responders. Al secondo mese i livelli anticorpali erano significativamente più alti nel gruppo 1 (p>0.05) Gli esami effettuati al 4o, 6o e 8o mese evidenziavano al contrario titoli anticorpali molto più elevati nel gruppo 2 (p>0.0005). Alla fine del periodo di studio 11 pazienti (73%) del gruppo 1 e 14 pazienti (93% del gruppo 2 hanno sviluppato titoli anticorpali protettivi. Tra i responders ed i non responders non vi erano differenze significative riguardo all’età dialitica, al peso corporeo ed al sesso. E’ stata invece riscontrata un’età più avanzata nei non responders (p>0.05). In conclusione le piccole e ripetute dosi di vaccino somministrate per via i.d ci hanno permesso di ottenere una più alta percentuale di immunizzazione, con una dose totale di antigene sensibilmente minore rispetto al classico schema i.m. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 311-318)
  • Ruolo del biosensore dell’urea nella valutazione dell’efficacia depurativa in paired filtration dialysis: prime esperienze
    S. Costantini, C. Massimetti, S. Feriozzi, M. Galliani, G.P. Curti, P. Riveruzzi, E. AncaraniLo studio riporta le prime esperienze cliniche con un sensore per l’urea (Urea Sensor Bellco) in corso di Paired Filtration Dialysis (PFD). Sono stati studiati i tracciati relativi a 18 pazienti suddivisi in tre tempi: 1) Tempo A: calibrazione del sensore (10 minuti), 2) Tempo B: dialisi (210 minuti), 3) Tempo C: rebound (R) postdialitico di urea (20 minuti). Nel tempo A esiste una differenza fra prima rilevazione stabilizzata e quella al termine della calibrazione; nel tempo B sono stati identificati due tipologie di profili: biesponenziale in 13 casi (G1), lineare in 5 casi (G2). Infine si è riscontrata una variabilità importante nell’entità e nei tempi del R nel tempo C. In G1 I’entità di R e del 13.5 +/- 7.5% vs 6.3 +/- 1.9% nel G2 (p = 0.06); il tempo medio di R è 16.8 +/- 6.1 minuti in G1 vs 9.0 +/- 3.4 in G2 (p = 0.02). G1 e G2 non differiscono per età (51 +/- 15 vs 53 +/- 19 aa), anzianità-HD (60 +/- 9 vs 53 +/- 14 mesi), peso post-dialisi (69.3 +/- 9.7 vs 65.0 +/- 7.6 kg), volume di distribuzione di urea (47.1 +/- 6.8 vs 44.2 +/- 5.7 It), Kt/V raggiunto (1.06 + 0.2 vs 1.02 + 0.1) (p = NS). Il modello cinetico a flussi regionali (RBF) può essere in grado di spiegare diversi profili di rimozione di urea e la variabilità del rebound ottenuti. I nostri dati dimostrano come l’uso dei sensori offra la possibilità di interpretare anche fenomeni di distrettualizzazione e di disequilibrio oltre alle già note possibilità di ottimizzazione delle variabili di trattamento e di controllo delle prescrizioni dialitiche. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 319-325)
  • Polisulfone sterilizzato a vapore e con ossido di etilene: valutazioni cliniche in pazienti con eosinofilia
    G. Ferrari, A. Santoro, A. Francioso, P. Zucchelli, E. Duranti, M. Sasdelli, A. Rosati, M. Salvadori, G.M. Sanna, M. Briganh, M. Fusaroli, G. Lindner, A. Stefani, P. Borgatti, F. Badiali, R. Mignani, L. Cagnoli, F. Aucella, C. Stallone, M. Massazza, M. BorghiL’utilizzo dell’ossido di etilene (ETO) per la sterilizzazione dei dializzatori capillari può indurre, nei pazienti in emodialisi cronica, reazioni di ipersensibilità con importanti manifestazioni cliniche. La finalità di questo studio è di valutare gli effetti clinici di due differenti dializzatori capillari con membrana in polisulfone sterilizzati con ETO e a vapore in 31 pazienti in trattamento dialitico cronico con eosinofilia. Nel corso dello studio, che veniva effettuato utilizzando per 2 mesi una membrana in Cuprophan &174;, in polisulfone-ETO e polisulfone-vapore, sono stati rilevati e confrontati una serie di parametri clinici e metabolici e l’attivazione e la produzione del C3a e C5a. Non sono state rilevate differenze per quanto riguarda la capacità di depurazione dei tre tipi di dializzatori valutati; veniva invece confermata la maggiore biocompatibilità delle membrane in polisulfone rispetto al Cuprophan &174;. Utilizzando la membrana in polisulfone sterilizzata a vapore si registrava una più fisiologica cinetica intradialitica degli eosinofili rispetto al polisulfone-ETO. In alcuni dei pazienti che avevano elevati livelli di IgE ETO-specifiche si aveva una tendenza alla riduzione. Infine la sintomatologia intradialitica non sembrava essere influenzata dalle due differenti metodiche di sterilizzazione, mentre invece la sintomatologia ascrivibile a fenomeni di ipersensibilità era inferiore in alcuni pazienti in cui veniva utilizzata la membrana in polisulfone-vapore rispetto a quella sterilizzata con ETO. (Giorn It Nefrol 1996; 13 327-335)
  • Malattia di Evans nel trapianto renale. Correlazione tra i decrementi eritro-piastrinici e gli episodi di rigetto (Caso clinico)
    F. Zanchelli, C. Campieri, S. Stefoni, V. BonominiLa piastrinopenia autoimmune può verificarsi nel paziente trapiantato (1) e ‘drops’ nella conta piastrinica possono essere l’unica espressione clinica della malattia (2). La piastrinopenia autoimmune può essere associata all’anemia emolitica autoimmune nella malattia di Evans (3, 4). Descriviamo il caso di, una paziente trapiantata in cui l’analisi retrospettiva del dati clinici disponibili ha condotto al sospetto clinico e alla conferma diagnostica di malattia di Evans. In questa paziente abbiamo analizzato i valori sequenziali della creatinina sierica, delle piastrine e dei globuli rossi ottenuti nel corso di 8 ricoveri ospedalieri (3 ricoveri per rigetto del rene trapiantato 5 non correlati a rigetto). Abbiamo osservato una stretta correlazione tra l’ipercreatininemia degli episodi di rigetto ed i cali della conta piastrinica (p>0.001) e della conta dei globuli rossi (p>0.001). Prospettiamo che un’attenta valutazione dei valori di piastrine e globuli rossi in un paziente trapiantato, affetto da malattia di Evans, possa contribuire alla diagnosi di rigetto. La normalizzazione del numero delle piastrine e dei globuli rossi può esprimere l’efficacia terapeutica della terapia immunosoppressiva. P.S.: ‘Gli Autori comunicano di avere individuato nel maggio 1996 un ulteriore caso di malattia di Evans in un paziente di 57 anni portatore di trapianto renale dal 1977. La diagnosi è stata posta in seguito alle indagini per il riscontro occasionale di piastrinopenia’. (Giorn It Nefrol 1996; 13 337-341)
  • La sistematica disinfezione del monitor previene la trasmissione nosocomiale dell’infezione da virus C (HCV) in emodialisi (Comunicazione breve)
    F Aucella, A. Cicchella, M. Piemontese, G.C. Pompa, C. StalloneE’ stata valutata l’efficacia della sistematica disinfezione dei monitor nella prevenzione della diffusione nosocomiale dell’HCV in emodialisi. Sono stati reclutati 123 pazienti in 4 centri che adottavano le misure generali di prevenzione, ma non isolavano i soggetti anti-HCV+. Nel periodo A, 12 mesi, dopo ogni seduta dialitica si procedeva alla disinfezione del monitor con ipoclorito di sodio; nel periodo B, 10 mesi, mentre 3 centri (70 pts) proseguivano tale strategia, uno (53 pts) applicava anche l’uso di apparecchiature dedicate per i soggetti positivi. Veniva eseguita ogni due mesi la ricerca degli Ab anti-HCV con test ELISA di 8a generazione. Sia nel periodo A che nel B non si verificavano sieroconversioni. La sistematica disinfezione dei monitor è una misura preventiva semplice ed efficace che ha consentito di annullare l’incidenza di nuovi casi di infezione da HCV in emodialisi. Con tale strategia l’uso di apparecchiature dedicate non sembra invece necessario. (Giorn It Nefrol 1996; 13 343-346)
  • Bioimpedenziometria e idratazione (Lettera alla Redazione)
    T. Talluri
  • Limiti e utilità di uno score linico nella valutazione dei volumi liquidi nei pazienti in dialisi (Lettera alla Redazione)
    G. Trovato, G. Carpinten, E. Iannetti
  • Boli di calcitriolo ed iperfosforemia (Lettera alla Redazione)
    L. Baldrati, D. Docci, C. Capponcini, F. Facchini, A. Giudicissi, C. Feletti
  • Abstracts della Società Italiana di Nefrologia Pediatrica
  • Internet e Nefrologia
    G. Colasanti, S. Di Giulio, P.M. Ghezzi, F. Quarello, M. Salomone, C. Zoccali
  • Recensioni
  • Riunioni e Congressi

n. 6 – novembre-dicembre

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  • L’interruzione volontaria del trattamento dialitico (Editoriale)
    L. Migone
  • Il metabolismo proteico nei pazienti con insufficienza renale cronica (Editoriale)
    G. Garibotti, A. Tizianello
  • Quantificazione della dose dialitica in ’emodialisi breve’
    S. Di Filippo, C. Manzoni, M. Corti, F. LocatelliIn emodialisi ‘breve’ la validità del modello cinetico single pool variable volume (SPVV), comunemente utilizzato per la determinazione del Kt/V (Kt/Vc), è pesantemente limitata dalle modalità di rimozione dell’urea di tipo bicompartimentale, condizionate dalla più elevata efficienza e dalla limitata durata del trattamento. Scopo del nostro lavoro è stato quantificare la differenza fra Kt/Vc e Kt/V determinato col metodo dl riferirnento, la quantificazione diretta (Kt/Vqd), e verificare la validità della correzione del Kt’Vc mediante impiego del valore dl urea finale determinato a rebound postdialitico esaurito. I nostri risultati dimostrano che, anche in sedute dialitiche di efficienza non particolarmente elevata, il Kt/Vc risulta sempre sovrastimato (differenza media = 0.215 +/- 0.08; +19%). Tale sovrastima appare totalmente imputabile alla sottostima del volume di distribuzione dell’urea conseguente alla mancata considerazione del rebound postdialitico: quest’ultimo risulta infatti strettamente correlato alla differenza tra Kt/Vc e Kt/Vqd (r2 = 0 82; p>0.001) 1l Kt/V determinato cineticamente. ma con impiego dei valori di urea postdialitici all’equilibrio, risulta perfettamente corrispondente al Kt/Vqd (differenza media pari a 0.001+/- 0.034) dimostrando come tale correzione restituisca piena validità al modello anche in emodialisi ‘breve’. La limitata variabilità intrapaziente del rebound da noi riscontrata a parità di efficienza dialitica, se confermata stabile nel tempo, potrebbe ovviare alla necessità del prelievo ematico a distanza di almeno 30′ dal termine della seduta, consentendo di ricavare il valore di urea all’equilibrio dal valore di rebound determinato una tantum. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 303-310)
  • Vaccinazione anti-epatite B nell’emodializzato: valutazione dell’efficacia della via intradermica rispetto alla via intramuscolo
    M. Terribile, L. Di Nuzzi, G.B. Stasio, P. Iuliano, G. Iulianello, L. TufanoAbbiamo effettuato uno studio multicentrico su 30 pazienti emodializzati negativi per HBsAg, HBsAg e HBcAb per valutare comparativamente l’efficacia della vaccinazione anti-epatite B per via intradermica (i.d.) rispetto alla classica via intramuscolo (i.m.). Quindici pazienti (gruppo 1 ) sono stati vaccinati per via i.m. con 40 microg di vaccino Engerix B ai tempi 0, 1, 6 mesi per una dose totale di 120 microg/pz. Quindici pazienti (gruppo 2) sono stati invece vaccinati per via i.d. con 5 microg di vaccino Engerix B ogni 15 giorni per 6 mesi, con una dose totale di 60 microg. I due gruppi erano comparabili per età, sesso, numero di mesi di trattamento dialitico e peso corporeo. E’ stato effettuato dosaggio dei livelli anticorpali a mesi 2, 4, 6, 8 dall’inizio del ciclo vaccinale. I pazienti con titolo >10 mUI/ml sono stati considerati non responders. Al secondo mese i livelli anticorpali erano significativamente più alti nel gruppo 1 (p>0.05) Gli esami effettuati al 4o, 6o e 8o mese evidenziavano al contrario titoli anticorpali molto più elevati nel gruppo 2 (p>0.0005). Alla fine del periodo di studio 11 pazienti (73%) del gruppo 1 e 14 pazienti (93% del gruppo 2 hanno sviluppato titoli anticorpali protettivi. Tra i responders ed i non responders non vi erano differenze significative riguardo all’età dialitica, al peso corporeo ed al sesso. E’ stata invece riscontrata un’età più avanzata nei non responders (p>0.05). In conclusione le piccole e ripetute dosi di vaccino somministrate per via i.d ci hanno permesso di ottenere una più alta percentuale di immunizzazione, con una dose totale di antigene sensibilmente minore rispetto al classico schema i.m. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 311-318)
  • Ruolo del biosensore dell’urea nella valutazione dell’efficacia depurativa in paired filtration dialysis: prime esperienze
    S. Costantini, C. Massimetti, S. Feriozzi, M. Galliani, G.P. Curti, P. Riveruzzi, E. AncaraniLo studio riporta le prime esperienze cliniche con un sensore per l’urea (Urea Sensor Bellco) in corso di Paired Filtration Dialysis (PFD). Sono stati studiati i tracciati relativi a 18 pazienti suddivisi in tre tempi: 1) Tempo A: calibrazione del sensore (10 minuti), 2) Tempo B: dialisi (210 minuti), 3) Tempo C: rebound (R) postdialitico di urea (20 minuti). Nel tempo A esiste una differenza fra prima rilevazione stabilizzata e quella al termine della calibrazione; nel tempo B sono stati identificati due tipologie di profili: biesponenziale in 13 casi (G1), lineare in 5 casi (G2). Infine si è riscontrata una variabilità importante nell’entità e nei tempi del R nel tempo C. In G1 I’entità di R e del 13.5 +/- 7.5% vs 6.3 +/- 1.9% nel G2 (p = 0.06); il tempo medio di R è 16.8 +/- 6.1 minuti in G1 vs 9.0 +/- 3.4 in G2 (p = 0.02). G1 e G2 non differiscono per età (51 +/- 15 vs 53 +/- 19 aa), anzianità-HD (60 +/- 9 vs 53 +/- 14 mesi), peso post-dialisi (69.3 +/- 9.7 vs 65.0 +/- 7.6 kg), volume di distribuzione di urea (47.1 +/- 6.8 vs 44.2 +/- 5.7 It), Kt/V raggiunto (1.06 + 0.2 vs 1.02 + 0.1) (p = NS). Il modello cinetico a flussi regionali (RBF) può essere in grado di spiegare diversi profili di rimozione di urea e la variabilità del rebound ottenuti. I nostri dati dimostrano come l’uso dei sensori offra la possibilità di interpretare anche fenomeni di distrettualizzazione e di disequilibrio oltre alle già note possibilità di ottimizzazione delle variabili di trattamento e di controllo delle prescrizioni dialitiche. (Giorn It Nefrol 1996; 13: 319-325)
  • Polisulfone sterilizzato a vapore e con ossido di etilene: valutazioni cliniche in pazienti con eosinofilia
    G. Ferrari, A. Santoro, A. Francioso, P. Zucchelli, E. Duranti, M. Sasdelli, A. Rosati, M. Salvadori, G.M. Sanna, M. Briganh, M. Fusaroli, G. Lindner, A. Stefani, P. Borgatti, F. Badiali, R. Mignani, L. Cagnoli, F. Aucella, C. Stallone, M. Massazza, M. BorghiL’utilizzo dell’ossido di etilene (ETO) per la sterilizzazione dei dializzatori capillari può indurre, nei pazienti in emodialisi cronica, reazioni di ipersensibilità con importanti manifestazioni cliniche. La finalità di questo studio è di valutare gli effetti clinici di due differenti dializzatori capillari con membrana in polisulfone sterilizzati con ETO e a vapore in 31 pazienti in trattamento dialitico cronico con eosinofilia. Nel corso dello studio, che veniva effettuato utilizzando per 2 mesi una membrana in Cuprophan &174;, in polisulfone-ETO e polisulfone-vapore, sono stati rilevati e confrontati una serie di parametri clinici e metabolici e l’attivazione e la produzione del C3a e C5a. Non sono state rilevate differenze per quanto riguarda la capacità di depurazione dei tre tipi di dializzatori valutati; veniva invece confermata la maggiore biocompatibilità delle membrane in polisulfone rispetto al Cuprophan &174;. Utilizzando la membrana in polisulfone sterilizzata a vapore si registrava una più fisiologica cinetica intradialitica degli eosinofili rispetto al polisulfone-ETO. In alcuni dei pazienti che avevano elevati livelli di IgE ETO-specifiche si aveva una tendenza alla riduzione. Infine la sintomatologia intradialitica non sembrava essere influenzata dalle due differenti metodiche di sterilizzazione, mentre invece la sintomatologia ascrivibile a fenomeni di ipersensibilità era inferiore in alcuni pazienti in cui veniva utilizzata la membrana in polisulfone-vapore rispetto a quella sterilizzata con ETO. (Giorn It Nefrol 1996; 13 327-335)
  • Malattia di Evans nel trapianto renale. Correlazione tra i decrementi eritro-piastrinici e gli episodi di rigetto (Caso clinico)
    F. Zanchelli, C. Campieri, S. Stefoni, V. BonominiLa piastrinopenia autoimmune può verificarsi nel paziente trapiantato (1) e ‘drops’ nella conta piastrinica possono essere l’unica espressione clinica della malattia (2). La piastrinopenia autoimmune può essere associata all’anemia emolitica autoimmune nella malattia di Evans (3, 4). Descriviamo il caso di, una paziente trapiantata in cui l’analisi retrospettiva del dati clinici disponibili ha condotto al sospetto clinico e alla conferma diagnostica di malattia di Evans. In questa paziente abbiamo analizzato i valori sequenziali della creatinina sierica, delle piastrine e dei globuli rossi ottenuti nel corso di 8 ricoveri ospedalieri (3 ricoveri per rigetto del rene trapiantato 5 non correlati a rigetto). Abbiamo osservato una stretta correlazione tra l’ipercreatininemia degli episodi di rigetto ed i cali della conta piastrinica (p>0.001) e della conta dei globuli rossi (p>0.001). Prospettiamo che un’attenta valutazione dei valori di piastrine e globuli rossi in un paziente trapiantato, affetto da malattia di Evans, possa contribuire alla diagnosi di rigetto. La normalizzazione del numero delle piastrine e dei globuli rossi può esprimere l’efficacia terapeutica della terapia immunosoppressiva. P.S.: ‘Gli Autori comunicano di avere individuato nel maggio 1996 un ulteriore caso di malattia di Evans in un paziente di 57 anni portatore di trapianto renale dal 1977. La diagnosi è stata posta in seguito alle indagini per il riscontro occasionale di piastrinopenia’. (Giorn It Nefrol 1996; 13 337-341)
  • La sistematica disinfezione del monitor previene la trasmissione nosocomiale dell’infezione da virus C (HCV) in emodialisi (Comunicazione breve)
    F Aucella, A. Cicchella, M. Piemontese, G.C. Pompa, C. StalloneE’ stata valutata l’efficacia della sistematica disinfezione dei monitor nella prevenzione della diffusione nosocomiale dell’HCV in emodialisi. Sono stati reclutati 123 pazienti in 4 centri che adottavano le misure generali di prevenzione, ma non isolavano i soggetti anti-HCV+. Nel periodo A, 12 mesi, dopo ogni seduta dialitica si procedeva alla disinfezione del monitor con ipoclorito di sodio; nel periodo B, 10 mesi, mentre 3 centri (70 pts) proseguivano tale strategia, uno (53 pts) applicava anche l’uso di apparecchiature dedicate per i soggetti positivi. Veniva eseguita ogni due mesi la ricerca degli Ab anti-HCV con test ELISA di 8a generazione. Sia nel periodo A che nel B non si verificavano sieroconversioni. La sistematica disinfezione dei monitor è una misura preventiva semplice ed efficace che ha consentito di annullare l’incidenza di nuovi casi di infezione da HCV in emodialisi. Con tale strategia l’uso di apparecchiature dedicate non sembra invece necessario. (Giorn It Nefrol 1996; 13 343-346)
  • Bioimpedenziometria e idratazione (Lettera alla Redazione)
    T. Talluri
  • Limiti e utilità di uno score linico nella valutazione dei volumi liquidi nei pazienti in dialisi (Lettera alla Redazione)
    G. Trovato, G. Carpinten, E. Iannetti
  • Boli di calcitriolo ed iperfosforemia (Lettera alla Redazione)
    L. Baldrati, D. Docci, C. Capponcini, F. Facchini, A. Giudicissi, C. Feletti
  • Abstracts della Società Italiana di Nefrologia Pediatrica
  • Internet e Nefrologia
    G. Colasanti, S. Di Giulio, P.M. Ghezzi, F. Quarello, M. Salomone, C. Zoccali
  • Recensioni
  • Riunioni e Congressi