Il COVID-19 ci ha colti impreparati, determinando drammatiche conseguenze sociali, economiche e politiche. All’improvviso cambiamento può seguire la guarigione o un peggioramento. La crisi determinata dalla pandemia ha messo in evidenza anche i buchi neri delle organizzazioni, che richiedono decisioni incisive e un nuovo assetto. È il momento di fare analisi accurate, tagliare rami secchi per vivificare quanto c’è di buono. La crisi è un evento straordinario, che irrompe in una comunità frantumandone gli equilibri e facendone precipitare i meccanismi di funzionamento, anche per la Nefrologia è tempo di tirare le somme. Un vincolo temporale stringente, chiede di agire subito, richiede scelte e decisioni. Nonostante l’Italia fosse nel 2017, tra le 17 nazioni esaminate, quella con il numero più alto di Nefrologi rispetto alla popolazione (53/pmp) [1], il divario nella work-force determinato tra le uscite per pensionamento e i nuovi ingressi [2], allo scoppiare della pandemia si è fatto pesantemente sentire, tanto da dover innestare nel Sistema Sanitario Nazionale giovani che non hanno ancora concluso la propria formazione specialistica.
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