Ruolo della misurazione ambulatoriale della pressione arteriosa (ABPM) nei pazienti con malattia renale cronica: una review

Abstract

Il 90% dei pazienti con malattia renale cronica (CKD) presenta ipertensione arteriosa; per ridurre il rischio cardio-renale di questa popolazione le principali linee guida internazionali raccomandano il mantenimento di valori pressori inferiori a 130/80 mmHg.

Il gold standard per l’identificazione dei profili e dei pattern pressori, nonché per la valutazione del ritmo circadiano della pressione arteriosa (PA) e della variabilità pressoria è rappresentato dal monitoraggio della pressione arteriosa delle 24 ore (ABPM) la cui corretta interpretazione consente di ottimizzare il trattamento anti-ipertensivo.

Nei pazienti con CKD, l’ABPM risulta superiore in termini di prognosi renale e cardio-vascolare se confrontato con la misurazione clinica della PA. I pazienti con ABPM a target presentano una condizione di basso rischio cardio-renale, indipendentemente dai valori della PA clinica; al contrario, quando la PA clinica è nella norma e l’ABPM non a target tale rischio aumenta significativamente. Inoltre, nella popolazione con CKD, l’assenza di dipping risulta associato ad un rischio maggiore di eventi cardiovascolari e di malattia renale terminale (ESRD) e identificare l’ipertensione notturna è di grande importanza.

Pertanto, l’ABPM rappresenta uno strumento di primaria importanza nel work-out diagnostico e terapeutico dei pazienti nefropatici.

 

PAROLE CHIAVE: ABPM, CKD, ipertensione arteriosa

Introduzione        

La malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD) coinvolge in Italia circa 2 milioni di persone, con una prevalenza del 7% all’interno della popolazione generale, come osservato nello studio CARHES condotto in Italia nel 2010 [13]. 

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Tra vecchi e nuovi target: il controllo pressorio negli ipertesi ambulatoriali in un’Unità di Nefrologia

Abstract

Obiettivo. Nei Paesi sviluppati il controllo pressorio è aumentato nelle ultime decadi ed è attualmente prossimo al 70% dei pazienti trattati. Riportiamo qui i risultati di uno studio trasversale condotto su soggetti ipertesi ambulatoriali.

Disegno e metodi. I seguenti parametri sono stati valutati in una coorte di 1412 pazienti ipertesi consecutivi (790 femmine, 622 maschi; età media: 60.3±12.2 anni) valutati da gennaio 2015 a dicembre 2016: età, genere, indice di massa corporea (IMC), circonferenza addominale (CA), abitudine al fumo, pressione arteriosa (PA), filtrato glomerulare stimato (eGFR), glicemia, assetto lipidico, farmaci antiipertensivi. In accordo con le linee guida europee, l’ipertensione è stata definita come livelli pressori ≥140/90 mmHg o l’uso di farmaci antiipertensivi. I pazienti la cui PA era <140/90 mmHg sono stati considerati come aventi raggiunto il controllo pressorio. Inoltre, in accordo con la ridefinizione di ipertensione suggerita dall’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA), è stato valutato un secondo livello di controllo pressorio (PA <130/80 mmHg).

Risultati. Complessivamente, il 75.7% dei pazienti ipertesi ha raggiunto il target pressorio di <140/90 mmHg, mentre il 50.5% ha raggiunto quello di <130/80 mmHg. In entrambi i contesti, in confronto con i pazienti la cui PA non era controllata, quelli con PA controllata erano più giovani e di genere femminile, con una più bassa prevalenza di obesità, diabete e malattia renale cronica. Essi avevano, inoltre, una più bassa CA ed un più alto eGFR.

Conclusioni. Quasi il 76% dei pazienti raggiungeva il target pressorio di <140/90 mmHg, un risultato maggiore del 70% ottenuto in Europa. Il 50.6% raggiungeva quello di <130/80 mmHg, un risultato leggermente più alto del 47% di recente riportato in USA. 

Parole chiave: Pressione arteriosa, ipertensione arteriosa, controllo pressorio

Introduzione

L’ipertensione arteriosa è uno dei maggiori fattori di rischio indipendenti e modificabili per cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, accidenti cerebrovascolari, insufficienza renale e mortalità cardiovascolare in tutti i gruppi di età (1).

 

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Manifestazioni Renali del Rene Policistico Autosomico Dominante

Abstract

Il rene policistico colpisce oltre 12 milioni di individui nel mondo ed è la quarta causa di ESRD. E’ la principale malattia monogenica che colpisce il rene e determina la progressiva formazione di cisti che portano all’insufficienza renale dopo qualche decennio. Le principali manifestazioni della malattia si osservano anche in giovane età.
La prima manifestazione renale è rappresentata dal difetto di concentrazione urinaria dovuta sia all’alterazione della midollare da parte delle cisti sia ad una resistenza alla vasopressina. Queste alterazioni anatomiche determinano anche l’instaurarsi dell’iperfiltrazione, di un alterato trasporto dell’ammonio, di una predisposizione alla formazione di calcoli ma soprattutto alla comparsa di ipertensione arteriosa anche in età pediatrica. E’ stata dimostrata un’attivazione del sistema renina-angiotensina responsabile del mantenimento di elevati valori pressori nonché della crescita delle cisti e della fibrosi renale. L’ipertensione arteriosa sarebbe responsabile dell’ipertrofia ventricolare. Molti recenti studi hanno confermato il ruolo del controllo pressorio, soprattutto se rigoroso, nella riduzione della progressione della malattia renale e l’utilizzo degli ACE-inibitori sembrerebbe avere un’efficacia superiore agli altri farmaci antiipertensivi.
La progressione della malattia renale si evidenzia con la caduta del filtrato glomerulare che può essere minimo nei primi anni grazie all’iperfiltrazione ma in seguito può anche superare i 5 ml/min per anno soprattutto quando il volume renale totale (TKV) supera i 1500 ml.
Nelle forme a più rapida progressione l’ESRD può comparire intorno a 55 anni di età ed i principali fattori di rischio sono rappresentati dall’età, la mutazione genetica, la familiarità per ESRD, episodi di macroematuria e l’insorgenza di ipertensione in giovane età. Alcuni autori hanno proposto degli score sia genetici sia clinici che possono fornire indicazioni sulle probabilità di rapida progressione.
Altre manifestazioni della malattia sono il dolore renale, la nefrolitiasi, le infezioni delle vie urinarie e delle cisti. Il carcinoma renale è un evento molto raro.

PAROLE CHIAVE: rene policistico autosomico dominante dell’adulto, ipertensione arteriosa, sistema renina-angiotensina-aldosterone, iperfiltrazione compensatoria, volume renale, ESRD.

Introduzione

Il rene policistico rappresenta la malattia ereditaria monogenica più frequente in ambito nefrologico. Ne sono affetti circa 12,5 milioni di individui nel mondo ed è la quarta causa di insufficienza renale terminale dopo il diabete, l’ipertensione e le glomerulonefriti (1). 

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PRES (Posterior Reversible Encefalopathy Syndrome): Possibile complicanza delle crisi ipertensive. Caso clinico e revisione della letteratura

Abstract

La posterior reversible encefalopathy syndrome (PRES) è una entità clinico-radiologica di recente definizione caratterizzata da edema vasogenico bilaterale, più frequente nelle regioni cerebrali posteriori, che si manifesta in soggetti con patologie autoimmuni, nefropatie, crisi ipertensive, eclampsia o dopo terapie citotossiche. Si manifesta con sintomi neurologici acuti: cefalea, nausea vomito, crisi epilettiche, calo del visus, e il quadro clinico in genere si risolve nell’arco di una-due settimane, essendo rare sia le complicanze, quali l’emorragia cerebrale, che le recidive.

Viene descritto il caso di una donna di 65 aa affetta da insufficienza renale cronica riacutizzata che in corso di crisi ipertensiva sviluppa un quadro clinico complesso con vomito, cefalea, riduzione del visus e disturbo variabile della coscienza. Dopo potenziamento della terapia antipertensiva si assisteva ad una rapida e completa regressione dei sintomi con restitutio ad integrum nell’arco di una settimana. La RMN encefalo, specie nelle sequenze FLAIR, mostrando il quadro classico di edema vasogenico bilaterale delle regioni cerebrali posteriori nonché la sua completa regressione al controllo, ha supportato la diagnosi ed escluso altre patologie cerebrali. Le variazioni del suo peculiare imaging hanno altresì correlato significativamente con l’evoluzione clinica favorevole.

Il caso clinico descritto riassume le caratteristiche più tipiche della PRES: in particolare il tempestivo upgrade della terapia antipertensiva è stata decisivo per la favorevole evoluzione clinica, mentre la RMN encefalo è stata fondamentale nella diagnosi. I clinici dovrebbero considerare questa possibile complicanza specie in corso di nefropatie o crisi ipertensive.

Parole chiave: Encefalopatia posteriore reversibile, Ipertensione Arteriosa, Malattia renale cromica, Risonanza Magnetico Nucleare

INTRODUZIONE

La PRES è una entità clinico-radiologica descritta per la prima volta nel 1996 da Hinchey e coll. (1) sulla base di 15 casi clinici. Nel corso degli anni è stata contrassegnata da diversi acronimi e sigle tra cui leucoencefalopatia posteriore reversibile, sindrome dell’edema cerebrale posteriore reversibile, encefalopatia parieto-occipitale reversibile, ma PRES è l’acronimo generalmente accettato. Tuttavia, ancora recentemente, tale definizione è stata rimessa in discussione poiché si è documentato un tasso di mortalità fino al 15% (23). Descritta in corso di crisi ipertensive, disordini immunitari, terapie antirigetto e malattia renale cronica, essa è caratterizzata dall’associazione variabile di crisi epilettichecefalea  disturbi del visus, nausea, vomito e segni neurologici focali in un contesto quasi costante di scarso controllo della pressione arteriosa. Il segno distintivo di questa condizione è la presenza di edema cerebrale vasogenico, a patogenesi non completamente chiarita ma, verosimilmente associata ad una alterazione dei meccanismi di autoregolazione del flusso ematico cerebrale da parte dell’unità neuro vascolare, che predomina nel circolo cerebrale posteriore. Pertanto il gold standard per la diagnosi è la risonanza magnetico nucleare (RMN) specie nelle sequenze “ fluid-attenuated inversion recovery (FLAIR)”  la cui diffusione ha contribuito all’aumento della frequenza della diagnosi.Tipicamente è una malattia reversibile, una volta che la causa è rimossa o sotto controllo, risolvendosi clinicamente e radiologicamente in un lasso di tempo estremamente variabile e difficilmente prevedibile. Tuttavia, l’esito non è sempre favorevole, possono reliquare esiti importanti e a volte, in presenza di coma o stato epilettico, è necessario il trattamento in un reparto di terapia intensiva. Si descrive il caso clinico di una paziente con evoluzione clinica paradigmatica della PRES.
 

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